L’addio del nichelinese Marco Puledda al calcio giocato
Marco Puledda lo aveva preannunciato in un sabato pomeriggio di fine giugno al sole crepuscolare di una piazza nichelinese, quando il caldo non era ancora così opprimente “Forse è arrivata l’ora di chiudere. Mi stanno chiamando ma non so se continuerò”.
Era una previsione difficilmente contestualizzabile per lui che, con più di trecento gol segnati tra i tornei di Prima e Seconda categoria potrebbe dare ancora tanto al calcio nostrano contemporaneo. Invece, da lì a poche settimane, il nichelinese Marco Puledda, nato il 28 febbraio 1989 conferma la sua decisione “Dopo tanti anni devo smettere di fare la cosa più bella della mia vita. Smetto a malincuore ma credo sia arrivato davvero il momento di dire basta”.
Nella sua carriera, oltre alla pioggia di segnature di cui sopra, anche un numero incredibile di campionati vinti: tra cui spiccano, oltre ai “bis” di Garino e Carlo Alberto quelli di Moncalieri, Lesna Gold, Moncalieri, Candiolo (stagione appena conclusa) e Cherasco. Ed è proprio sul successo colto in terra cheraschese che Puledda si sofferma “Ero il più piccolo dei fuoriquota obbligatori ma avevo già la testa da giocatore. Nella gara di esordio con il Libarna partivo dalla panchina ed ero subentrato al cambio di campo. Alla prima occasione un gran tiro sotto l’incrocio per un gol memorabile. Da quell’istante Mister Bonello (forse il più importante della mia carriera) mi ha identificato come titolare della fascia difensiva ed è arrivata una vittoria del campionato di Promozione con, per me, ben dieci reti all’attivo”.
Anche Garino una tappa importante “In due stagioni - continua Puledda - ben 57 realizzazioni. Ho purgato molti avversari e qualcuno forse ce l’ha con me ma poco male. Il telefono ha sempre suonato e anche adesso qualche messaggino arriva ancora”.
Futuro in panchina per Marco Puledda? “Mi piacerebbe molto - chiude Il bomber - anche perchè, oltre la parte tecnica, mi piacerebbe molto trasmettere i valori che anni di spogliatoio mi hanno regalato. Il pallone ti ama se lo ami ed è, oltre una grande passione, anche un grandissimo vettore sociale. Mi piacerebbe che i ragazzi abbandonassero i social, i Pc, i telefoni e riscoprissero il piacere di vivere assieme il campo da calcio”.
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Paola Molino