Vite al limite: l'ex forcone ora ha scelto la latitanza

Vite al limite: l'ex forcone ora ha scelto la latitanza
Venerdì 3 Maggio 2024 - 17:27

Tutti i nodi vengono al pettine. Anche quando si tratta di personaggi che paiono al di sopra delle leggi e (soprattutto) della "Legge". Invece no. Succede che un mattino vengano a suonarti alla porta. A tuo carico c'è un ordine di carcerazione. L'ha emanato la Procura generale, delegandone l'esecuzione alla Questura. Ci sono uomini in divisa, che hanno l'incarico di portarti in cella per scontare una pena non più derogabile. In mano, un ordinanza di custodia cautelare ormai definitiva. Succede però che non ti trovino.

È questa, in estrema sintesi, la vicenda che ha per protagonista un personaggio stranoto alle cronache, giudiziarie e non, del Pinerolese: Elmo Bianciotto. Classe '66, già residente a San Pietro V.L. in una bella villa oggi confiscata, ed ora cittadino di Cantalupa. La sua insopprimibile allergia alle regole, fil rouge di un'esistenza sempre al limite della legalità (e spesso assai oltre), si è imposta anche questa volta. A gennaio la Cassazione aveva respinto il ricorso contro la sentenza d'Appello, rendendo così definitiva la condanna a 6 anni per autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta e frodi fiscali milionarie. E per lui, noto commerciante di mezzi militari, in passato assai attivo col fratello Diego nell'area sulla rotonda in ingresso a Pinerolo (in foto), si erano riaperte le porte del carcere, per scontare una pena residua di 4 anni e due mesi. I poliziotti sono andati a prenderlo, ma lui non c'era. Involato. «Sì - conferma il difensore Enrico Rostan - non è stato reperito. A oggi è latitante». C'è addirittura chi dice abbia in mano un passaporto panamense e, chissà, magari proprio grazie a questo, sia fuggito chissà dove. Non dimentichiamo che gli inquirenti avevano rinvenuto disponibilità estere, a Panama e in altri stati, per cui era stata fatta rogatoria internazionale.

A Elmo Bianciotto il "fiuto" non è mai mancato. E anche questa volta potrebbe aver deciso di cambiare aria, lasciando il Pinerolese dove l'aria per lui si era fatta pesante. Non ha neppure aspettato che la Suprema Corte decidesse. Se ne andato prima, tanto che a Cantalupa pare non lo si veda dall'ottobre dell'anno scorso. Ne sentiremo certamente ancora parlare, anche perché i suoi guai giudiziari non sono finiti. 

Dalla protesta dei forconi alla condanna per autoriciclaggio

Bancarotte, evasione fiscale (le imposte non versate da Bianciotto negli ultimi 10 anni ammonterebbero in complesso ad almeno 17 milioni di euro), fallimenti, false fatture. Reati societari, fiscali e fallimentari, cui se ne aggiunsero altri (ormai pure passati in giudicato), come la gestione di rifiuti non autorizzata o, addirittura, il "traffico d'armi". Ad accendere i riflettori degli inquirenti su Elmo e il fratello Diego fu la tristemente celebre protesta dei forconi, del dicembre 2013: 200 furono i denunciati, 45 finirono a processo, in 5 vennero condannati (per "interruzione di pubblico servizio") a pene di pochi mesi (6 per Elmo). La montagna che partorì il topolino. Per gli amanti delle storie giudiziarie, alleghiamo pure la pagina de L'Eco del Chisone dove, dopo la sentenza del 10 marzo 2021, avevamo riassunto l'intera vicenda.

I Bianciotto, che protestavano per le troppe tasse, si scoprì che quelle tasse erano piuttosto allergici a pagarle. E pian piano, sempre nelle aule giudiziarie dove approdarono fior di inchieste, vennero alla luce vorticosi giri di denaro e beni di lusso, prestanome, società schermo sparpagliate in mezzo mondo, dal Regno Unito alle Cayman, da Panama allo Zambia. Un complicato gioco di transazioni off shore e scatole cinesi, capaci di far perdere le tracce del consistente patrimonio, in cui persino i magistrati faticano ad orientarsi. Un tempo scrivemmo che solo due persone parevano in grado di fotografare l'intricatissima situazione "patrimonial-imprenditoriale" della famiglia Bianciotto: il loro storico legale Gaetano Piermatteo e l'ex maresciallo capo della Finanza Fabio Varchetta che condusse le indagini a fianco di pm come Ciro Santoriello e Giuseppe Riccaboni, e di cui ancora ricordiamo la lunghissima testimonianza resa in aula.

Proprio l'inchiesta di Riccaboni per autoriciclaggio aggravato dalla transnazionalità (per una somma contestata sui 5 milioni di euro) portò ad Elmo & C. condanne pesanti, poi decisamente ridotte in Appello (19 dicembre 2022). Per Elmo, considerato (come leggiamo negli atti) "il regista di tutte le operazioni contestate", la pena finale fu 6 anni di reclusione. Decisione contro cui l'avv. Enrico Rostan ricorse in Cassazione. Invano. A gennaio la Suprema Corte ha respinto il ricorso e la sentenza è così passata in giudicato. Il resto è storia di oggi. Per Elmo è arrivato l'ordine di esecuzione ed è stato chiamato a scontare i 4 anni e 2 mesi che ancor agli mancano per chiudere i conti con la giustizia. Succederà se e quando polizia e finanza lo troveranno. Per ora è latitante.

Foto di repertorio.

 

Lucia Sorbino
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Paola Molino