Tribunale: processo all'ex direttore dell’Asl To3 Boraso, sentenza ormai prossima

Tribunale: processo all'ex direttore dell’Asl To3 Boraso, sentenza ormai prossima
Lunedì 24 Marzo 2025 - 07:40

È ormai prossima la data del 31 marzo, quando dai giudici della Terza sezione penale (presidente Immacolata Iadeluca, a latere Federica Florio e Milena Chiara Lombardo) potrebbe arrivare la sentenza su un procedimento sbarcato in aula il 12 marzo 2024, ma che affonda le radici in un’indagine iniziata ben otto anni fa. Il processo riguarda presunte irregolarità in un appalto da 56 milioni di euro per forniture biomedicali e servizi sanitari per l’Asl di Collegno e altre strutture piemontesi.

Il contratto, assegnato nel febbraio 2018 alla società Althea Italia tramite partenariato pubblico-privato (PPP), prevedeva (tra l'altro) la realizzazione di un reparto di emodinamica e la fornitura di servizi di risonanza magnetica per gli ospedali di Rivoli e Pinerolo, e TAC per quello di Venaria. La Procura (pm Gianfranco Colace) aprì il fascicolo ad inizio 2018 dopo un esposto del Movimento 5 Stelle e un'informativa confidenziale, ipotizzando turbativa d’asta, corruzione e falso.

 

Gli imputati e le accuse

Tra i cinque imputati (compresi un maresciallo della Finanza e uno dei Carabinieri), spiccano Flavio Boraso, direttore generale dell’Asl To3 dal primo maggio 2015 al 31 dicembre 2020, e Antonio Marino, ex presidente del comparto Sanità dell’Unione industriale di Torino e legale rappresentante di Althea Italia. Secondo l’accusa, il primo avrebbe favorito il secondo nell’assegnazione dell’appalto, ottenendo in cambio un incarico per un’amica radiologa.

 

Il manager di Althea: «Il miglior progetto in 40 anni di carriera»

Nell'udienza del 10 gennaio l'aveva fatto Boraso: difendere con puntuale efficacia quel progetto di partenariato pubblico-privato che l'ha fatto finire nel girone degli imputati. Nel 2015 aveva trovato un'Asl «disastrata», così l'aveva definita: l'emodinamica che andava a pezzi, strutture e macchinari obsoleti, tecnologie non al passo con i tempi (o del tutto inesistenti). E in cassa, pochi spiccioli: «Su un miliardo di bilancio, 80mila euro per investimenti in conto capitale».

Quando lasciò l'azienda cinque anni più tardi, la situazione era ben diversa: nuove tecnologie e strutture sanitarie ammodernate che tra l’altro permisero di affrontare l’emergenza Covid con maggior tranquillità. E questo proprio grazie all'accordo oggi al vaglio del tribunale. Boraso l'ha spiegato in aula a gennaio. Il 4 febbraio ha fatto altrettanto il partner privato, Antonio Marino: «Questo è il più bel progetto che io abbia realizzato in 40 anni di attività, e mi dispiace davvero essere qua a doverne rispondere», ha ribadito il manager, in pensione da un anno. «Un progetto - ha ricordato - pubblicato nella più grande rivista tedesca di sanità del settore». Lo difende con lucidità, precisione, quasi con sofferenza. Perché ci ha lavorato tanto e (visto il seguito) gli è costato sacrifici umani ed economici non indifferenti.

Marino non si è limitato a replicare alle accuse della Procura. Ha fatto ben altro: ha difeso un progetto che ha «migliorato nettamente i servizi sanitari, portando importanti benefici a cittadini e operatori sanitari».

Obiettivo del PPP era «colmare le criticità più importanti dell'Asl». Su tutto, l'emodinamica. «Non c'era il servizio e il primario doveva condividere col radiologo una sala, con un angiografo di vent'anni. In 13 mesi abbiamo investito 12 milioni e costruito il reparto, permettendo all'Asl di rendere il servizio di emodinamica utilizzabile alla popolazione: abbiamo proprio cambiato il senso di ospedali di provincia com'erano Pinerolo e Rivoli».

Poi il manager di Althea si è focalizzato sui risparmi che quel PPP ha garantito all'Asl To3: «12 milioni solo sulle risonanze (60 euro a esame per 200mila prestazioni), senza dimenticare che ci siamo accollati l'Istat». Che poco più tardi, quando è scoppiata la pandemia, ha significato una cifra decisamente importante a carico del privato.

Insomma, un progetto di cui Marino va fiero e di cui sostiene senza tentennamenti la regolarità delle procedure: «La proposta di PPP - ha detto in sintesi - è stata seguita da un iter amministrativo documentato, conforme alle normative e senza interferenze indebite».

 

Marino e i rapporti con gli altri imputati

Una parte dell'esame che l'imprenditore ha reso il 4 febbraio è stata pure dedicata ai rapporti con gli altri imputati. Di Boraso dice: «E' una persona seria, che conosco da 30 anni». Siete amici, gli ha chiesto il pm Colace? «Le amicizie si fanno alle elementari: Boraso è una persona che stimavo e continuo a stimare dal punto di vista professionale. Con lui ho un ottimo rapporto».

Quanto ai legami con il maresciallo della Finanza Michele Alterio, al tempo in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Torino e nell'attuale processo accusato di rivelazione di segreto d'ufficio e corruzione (a difenderlo, gli avv. Davide Berti e Andrea Casiraghi), e Davide Gagliardi, già nel Cda di Althea (chiamato a rispondere di corruzione e assistito dall'avv. Alberto Berardi di Padova), Marino ha fermamente smentito qualsiasi coinvolgimento in attività illecite, ribadendo di aver sempre mantenuto una condotta trasparente. Ha negato di aver ricevuto da Alterio, e condiviso con Gagliardi, informazioni riservate sulle indagini in corso, in cambio delle quali il finanziere avrebbe ricevuto aiuto per entrare nei Servizi segreti. Sul punto Marino è stato categorico: «Mai interessato di questa storia, anche se Alterio ne parlava con tutti». Di fatto, neppure da quanto dichiarato dai testi (tra cui un ex colonnello della Finanza) sembrano emergere mediazioni corruttive tra i due manager e il maresciallo.

 

Attesa per la sentenza

All'udienza del 4 febbraio (la sesta) l’istruttoria è stata chiusa e lunedì prossimo, 31 marzo, sono previste le discussioni finali. La sentenza (forse già quel giorno) chiarirà se i giudici avranno ravvisato irregolarità nell’appalto o se accoglieranno le tesi difensive.

Lucia Sorbino
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