Operazione Fenice: 'ndrangheta e compravendita voti, l'assessore Rosso si dimette
Giorgia Meloni ci ha messo pochissimo a scaricare Roberto Rosso, ormai ex assessore regionale eletto a maggio nelle file di Fratelli d’Italia. “Mi viene il voltastomaco. La mafia, la camorra e la 'ndrangheta ci fanno schifo e ci fa schifo chi scende a patti con loro”, ha dichiarato la leader di Fd’I. Arrestato questa mattina dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Torino con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso, Rosso ha firmato in carcere le dimissioni dalla giunta e il presidente Cirio si è già assunto quelle che erano le sue deleghe (Rapporti con il Consiglio regionale, Delegificazione e semplificazione dei percorsi amministrativi, Affari legali e Contenzioso, Emigrazione e Diritti).
Rosso (58 anni, avvocato civilista, è stato parlamentare per cinque legislature e due volte sottosegretario in quota Forza Italia, per due volte candidato a sindaco di Torino nel 2001 e ancora nel 2016) è accusato di aver chiesto voti ai clan della ‘ndrangheta in occasione delle ultime elezioni regionali. L’operazione “Fenice”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino (pm Paolo Toso e Monica Abbatecola), ha portato all'arresto di altre sette persone, contestualmente sono stati eseguiti sequestri di beni appartenenti alla ‘ndrangheta e distribuiti sul territorio nazionale.
“Secondo le risultanze delle indagini Roberto Rosso è sceso a patti con i mafiosi. E l’accordo ha avuto successo” ha detto il procuratore generale Francesco Saluzzo a proposito dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta nel Torinese. Gli investigatori hanno documentato – anche con immagini – diversi incontri tra Rosso e alcuni presunti boss, tra cui Onofrio Garcea, esponente del clan Bonavota in Liguria, anche in piazza San Carlo a Torino.
Negli atti si fa riferimento all’ingerenza della consorteria in occasione delle elezioni politiche regionali del 26 maggio 2019 nel corso delle quali avrebbe stipulato un “patto di scambio” con l’allora candidato Rosso, consistente nel pagamento di 15mila euro in cambio della promessa di un “pacchetto” di voti. Da quanto si apprende, della somma concordata con gli intermediari delle cosche, Rosso ne versò poco meno di 8 mila, in due tranche da 2900 e 5000 euro. A fare da tramite sarebbero stati Enza Colavito e Carlo De Bellis, quest’ultimo già coinvolto nelle indagini Minotauro e Big Bang. Dalle indagini sarebbe emersa “la piena consapevolezza del politico e dei suoi intermediari circa la intraneità mafiosa dei loro interlocutori”.
Tra i destinatari della misura cautelare anche Mario Burlò, 46 anni, di Moncalieri, imprenditore nel ramo del «Facility managment». Ha fondato il consorzio di imprese OJ Solution con sede a Torino in via Arcivescovado ed è già stato eletto in passato presidente di Uni (Unione nazionale imprenditori). Il suo consorzio è main sponsor di numerose società sportive in Italia, tra cui la Valpeagle, e ha molti legami col Pinerolese.
LE REAZIONI POLITICHE
Queste alcune reazioni politiche. “Una macchia indelebile sulla legislatura, una vicenda giudiziaria molto più grave di quella che chiuse l'era Cota - ha dichiarato il consigliere regionale Marco Grimaldi (Liberi Uguali Verdi) - Secondo la ricostruzione della Procura e le indagini della finanza la cosca 'ndranghetista radicata a Carmagnola e operante nella zona meridionale di Torino, nelle persone dei criminali Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, è intervenuta nelle elezioni regionali del 26 maggio 2019, stipulando un “patto di scambio” con il candidato di Fratelli d'Italia Roberto Rosso, consistente nel pagamento della somma di 15.000 euro in cambio della promessa di un pacchetto di voti, tramite la mediazione di Enza Colavito e Carlo De Bellis”. Ancora Grimaldi: “Rosso era consapevole, il patto è andato a buon fine dopo una fitta contrattazione. I fatti sono di una gravità inaudita. Qual è l’oggetto dello scambio? 15.000 euro, ma i voti sono stati garantiti in cambio di quale promessa? Il Presidente Cirio deve essere consapevole che il voto è stato inquinato e che questa è una macchia indelebile sulla legislatura, una vicenda giudiziaria molto più grave di quella che chiuse l'era Cota. Ieri la Calabria e la Valle d'Aosta, oggi il Piemonte: la 'ndrangheta sta divorando questo Paese morso dopo morso. Non possiamo lasciare sola la Magistratura di fronte a questo nemico pubblico".
Ravetti -Furia (Pd): "Il Partito Democratico, di fronte ai fatti che hanno coinvolto in queste ultime ore l'Assessore regionale ai diritti Roberto Rosso, ha chiesto formalmente le comunicazioni del Presidente Cirio in Consiglio regionale. Abbiamo appreso che Cirio ha accettato le dimissioni di Rosso e ha avocato a sé le deleghe, ma vogliamo un'informativa da parte sua. Chiediamo, inoltre, che venga convocata la Commissione legalità perché è fondamentale che il tema venga affrontato con tempi certi nelle sedi opportune e per quanto di nostra competenza".
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Paola Molino