A processo il giovane pachistano che uccise la madre a martellate: «Non ricordo niente, vedevo tutto nero»

A processo il giovane pachistano che uccise la madre a martellate: «Non ricordo niente, vedevo tutto nero»
Mercoledì 8 Novembre 2023 - 17:19

Si è aperto ufficialmente questa mattina davanti alla Prima corte d'Assise di Torino, il processo a carico del giovane pachistano Imran Ahmad, classe '99, accusato di aver ucciso a martellate la madre Rubina Kousar, nell'alloggio di Via Sommellier a Pinerolo in cui viveva con la famiglia. Era giovedì 9 marzo scorso, poco dopo le 9,30. Da allora è detenuto alle Vallette.

Oggi quella tragica vicenda è arrivata in aula, solo parzialmente attutita dalla difficoltà che la lingua frappone tra chi ricostruisce e chi ascolta. Neppure i traduttori, prima uno che pareva piuttosto improvvisato, poi una giovane e bravissima interprete che invece padroneggiava a perfezione sia l'italiano che la lingua hurdu, riuscivano a colmare il gap.

I racconti, laconici e frammentati, dei protagonisti ci hanno rimandato il quadro di una famiglia che, fino a quel momento, pareva non avere particolari problemi. Alloggio modesto ma decorso nel centro storico. Tre figli: la più giovane che studia (Laiba, appena maggiorenne), il medio Tayyab, classe 2001, che lavora col padre come saldatore in un'azienda del Pinerolese e in quei giorni era tornato in Pachistan, il maggiore, Imran appunto, che sembra trascorrere la maggior parte del suo tempo disteso sul divano a guardare il cellulare e seguire you tube. Con lui i genitori hanno qualche problema, ma nulla che lasci presagire un epilogo tanto drammatico. Lo sollecitano a lasciar perdere il telefono e cercarsi un lavoro. Roba normale, come avviene nelle "migliori" famiglie.

Tutto tranquillo (almeno a sentire le testimonianze rese oggi in udienza) fino ad inizio di marzo quando pare che in Imran qualcosa scatti. Forse dentro di lui qualcosa si rompe. Non sopporta che i genitori lo rimbrottino, lo invitino sempre più spesso a cercarsi un lavoro. Un argomento che scatena la sua furia. Primo episodio: domenica 5 marzo Imran sferra un pugno al padre Alì e gli fa saltare due denti, poi lo prende per il collo e i capelli. Riescono a separarli e Alì esce di casa, va a dormire da un amico e in quell'alloggio di Via Sommellier tornerà solo il giovedì mattina, questa volta accompagnato da due vigili urbani di Pinerolo. A chiamarlo è stata la figlia: ha appena assitito ad una scena che non si dimentica, soprattutto a 17 anni. Soprattutto se si tratta di tuo fratello che sta aggredendo tua madre con un martello. Sangue ovunque, e la mamma Rubina che riesce solo ad urlarle di chiamare il padre. Lui, prima di rientrare in casa, si precipita a chiedere l'intervento dei vigili urbani. Quando arrivano (l'alloggio non è distante dal Comune), Rubina Kusar è a terra, agonizzante, in una pozza di sangue. Per lei non ci sarà più nulla da fare. Muore così, a 45 anni, sotto i colpi del figlio maggiore.

Oggi, in aula, quella mattinata è tornata vivida nei racconti dei testimoni, tra cui il padre e il fratello di Imran che neppure per un attimo gli hanno regalato uno sguardo. Soprattutto in quella mezzora di collegamento col Pachistan dove ormai vive la giovane Laiba. In una videochiamata Whatsapp (in foto)è stata sentita e ha raccontato con lucidità e in ottimo italiano, la mattinata di marzo che le ha cambiato la vita. Prima viveva a Pinerolo, era integrata, andava a scuola. Immaginiamo avesse amiche. Ora è a migliaia di chilometri e condivide l'abitazione con la moglie del fratello Tayyab. Ha ricostruito quei minuti, quando la mamma era in cucina a fare colazione, lei in bagno per la doccia e il fratello in camera. Ha ricostruito le urla improvvise, che nessun litigio aveva anticipato.

Dopo di lei è stato sentito anche Imran: poco più di un quarto d'ora, in cui non ha saputo aggiungere nessun particolare, non ha spiegato come d'improvviso sia passato dall'ascoltare musica su you tube all'afferrare un martello e poi un coltello, per rivolgerli contro la madre in modo tanto efferato. «Dopo che ho iniziato a colpire non ricordo più nulla. Vedevo tutto nero», ha detto.

Il suo difensore, avv. Simona Bertrand, ha chiesto venga sottoposto a una nuova perizia psichiatrica. Vedremo cosa ne dirannno i giudici (presidente Alessandra Salvadori, a latere Roberto Ruscello e sei giudici popolari), che per ora si sono riservati la decisione.

Prossima udienza il 20 novembre, per le discussioni del pm Giorgio Nicola e della difesa.

 

 

Lucia Sorbino
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