Lupo: «La verità oltre le paure», esperti a confronto
«Le amministrazioni politiche devono fare delle operazioni molto raffinate, perché il lupo è una specie evocativa e i dibattiti che lo riguardano si infuocano e si polarizzano facilmente. Per la convivenza con l'uomo devono certamente essere fatti dei compromessi, ma serve un solido ancoraggio a ciò che è scientificamente plausibile. Se no il dibattito pubblico diventa isterico, estremo, inasprisce gli animi, e non si trovano soluzioni solide».
Il biologo Paolo Ciucci, professore alla Sapienza di Roma, ha fatto appello al ricorso a «buon senso e buona scienza» in avvio della conferenza stampa "Il lupo: la verità oltre le paure" organizzata dal Garante dei Diritti degli Animali della Regione Piemonte, Enrico Moriconi, sul ritorno del predatore in gran parte del Nord Italia.
Molti i temi approfonditi dal prof. Ciucci e dal secondo relatore, Giuseppe Canavese, direttore del Parco Alpi Marittime, responsabile del progetto Life WolfAlps Eu e del Centro Grandi Carnivori della Regione Piemonte.
PERICOLO PER L'UOMO?
«Non devono esserci timori di aggressività del lupo verso le persone - ha risposto Ciucci a domanda diretta - In Italia ci sono più di 2000 lupi. In Abruzzo ci sono densità elevate di esemplari e milioni di turisti che hanno fatto fortuna della Regione proprio grazie a lupo, e non si è mai verificato un singolo caso di approccio neanche lontanamente violento verso l’uomo. Il lupo ha evoluto un comportamento di elusività verso l'uomo perché è stato il suo unico nemico. Le ipotesi che si sentono sono frutto di fantasia e leggende metropolitane».
IMPATTO SUGLI ALLEVAMENTI
«I predatori di grossa mole come lupo, lince e orso, facciano un calcolo delle calorie spese per la predazione e di quelle che possano acquisire dall'animale. Quindi preferiscono prede domestiche, molto remunerative non più capaci di autodifendersi come farebbero un cervo o un cinghiale, se non adeguatamente tutelate dall'uomo.
LA QUESTIONE CULTURALE
Una delle tecniche usate in passato è stata eliminare i lupi. «È una possibilità - ha detto il biologo -. Però rispetto agli Anni 50 e 60 è cambiata la sensibilità. La società ha deciso i predatori selvatici non devono più essere definiti nocivi ma vanno essere protetti e riconosce loro una funzione ecologica e un diritto di esistenza. Il lupo è tra le prime specie protette, emblema del cambio di mentalità e dell'aumento di valori legati a una natura che ha il diritto di esistere indipendentemente da nostri interessi».
«Un conto è l'impatto della predazione sulle attività umane, che può essere mitigato - prosegue Ciucci - atro è il conflitto nella società umana tra chi vede in maniera differente questo impatto: materia per sociologi e antropologi».
GLI ERRORI DA NON RIPETERE
Il prof Ciucci ha ricordato alcuni errori commessi in Appennino, dove il lupo ha ripopolato prima la montagna, dopo essere stato fino agli anni '70 a forte rischio di estinzione. Uno è stato l'idea di reintrodurre i selvatici che erano stati eliminati negli anni 50 e 60 da una caccia mal gestita. Si pensava che i lupi non si sarebbero più interessati ai domestici. «Mai errore fu più evidente».
Secondo errore: «In tante regioni appenniniche gli amministratori hanno fatto finta di nulla e non è un bell’esempio di coesistenza. Il bracconaggio è ancora la prima causa di mortalità di lupo. Ma dal 1976 si contano sulle dita di una mano i casi giudiziari aperti sul bracconaggio efferato che c'è stato. Questo implica che le amministrazioni hanno demandato alle popolazioni locali di fare come credono. Ma così non si risolve mai il problema perché non si trovano soluzioni solide».
GLI ABBATTIMENTI
«Dal punto di vista legale la specie è protetta, però la legge di protezione nazionale che rispecchia la direttiva comunitaria Habitat, che prevede deroghe per la gestione letale, ma bisogna dimostrare di aver provato tutte le strade non cruente e che gli abbattimenti non ledano la possibilità della popolazione di mantenersi autonomamente».
«Ma c'è anche un aspetto etico. La fauna è un bene pubblico. Nella società ci sono gruppi che considerano l'abbattimento non eticamente valido. Ce ne sono altri esasperati dall’impossibilità di ricorrere alla prevenzione in circostanze in cui non funziona o non si può adottare. Occorre analizzare caso per caso. Se per motivi comprovati non è assolutamente possibile pensare alla prevenzione non cruenta si può pensare a quella letale ma è eticamente discutibile e se rimuovo pochi lupi quella zona verrà ricolonizzata. Sono interventi non risolutivi ma solo temporanei. Consideriamoli l'ultimissima spiaggia».
RETI E CANI SONO SEMPRE EFFICACI?
Il professore smentisce un problema spesso riportato dai rappresentanti degli allevatori: «Indipendentemente dalla struttura orografica, le tecniche di prevenzione funzionano, dall'Alaska ai Pirenei. Ma vanno cucite su misura. Fondamentale è la cultura del pastore e la sua volontà di usarle. Perché costano lavoro e denaro. Ci deve essere disponibilità e possibilità di integrare questo lavoro nell’attività aziendale. Se no, non c’è tecnica che tenga. Se uso i cani, ma male, non solo non funzionano ma creano problemi e si accende la miccia del dibattito isterico sociale».
IL PROGETTO LIFE WOLFALPS EU
Giuseppe Canavese ha introdotto il progetto Life WolfAlps Eu, seconda fase incentrata sulla coesistenza tra lupo e uomo, rifinanziata dopo la prima insignita dall'Europa con l'awrd per i risultati ottenuti. «Abbiamo sempre lavorato in modo da essere il più possibile super partes. Abbiamo un carattere prettamente tecnico. Il nostro scopo è dare ai decisori politici gli strumenti per agire di conseguenza. Abbiamo 20 partner internazionali. e oltre 100 supporter. Regione Veneto e Friuli hanno siglato specifiche convenzioni. Col secondo progetto c'è anche una forte componente economica da privati: Fondazione Cappellino con 600 mila euro e Fondazione Principe alberto di Monaco, oltre a vari ministeri esteri».
LA COESISTENZA
Canavese ha parlato di «Moltissime azioni di coesistenza tra lupo e uomo. Opere di prevenzione e indennizzi». La premessa sono gli innegabili grandi problemi creati alla pastorizia e a una «montagna piemontese da tempo grande sofferenza». Perché «se il lupo è un grande elemento per la biodiversità, lo è anche la pastorizia per i paesaggi pascolavi alpini».
Il responsabile del progetto Life ha ricordato le difficoltà a mettere in atto reti, cani, e dissuasori a seconda delle situazioni. «Abbiamo cercato di intervenire, la Regione ha fatto un grosso sforzo mettendo risorse Psr e proprie a favore dell'acquisto di sistemi di prevenzione. Da quest'anno partiranno in Piemonte e anche in altri stati delle squadre di pronto intervento formate da personale delle istituzioni che devono essere un supporto per attività pastorale per aiutare a usare i sistemi di prevenzione dati. I cani antiveleno verranno implementati perché i veleni uccidono molti altri animali e sono pericolosi per l'uomo». Particolare attenzione nel nuovo progetto è dedicata ad approfondire il rapporto tra lupo e fauna selvatica. Il progetto ha poi favorito azioni per lo sviluppo di una filiera della lana che contribuisca al reddito degli allevatori a sostegno dei costi della prevenzione delle predazioni.
IL MONITORAGGIO
«Conoscere la consistenza della specie è una premessa fondamentale» ha detto Canavese. Da quest’anno il monitoraggio entra a far parte di quello nazionale. Il rilevamento è quasi terminato e si attendono i risultati per la fine dell'estate o l'autunno. Sono state individuate 194 caselle di censimento per 19400 km2 di aree percorse. Non è una questione semplice: si raccolgono campioni da analizzare geneticamente. «I lupi non si contano né coi droni né postando foto su fb. Questi sono dati sporadici». L'ultimo dato ufficiale risale al 2017-2018 con 195 esemplari in Piemonte come stima minima. Ma ormai in tre anni il lupo ha raggiunto la collina e le fasce fluviali. «Sono sicuramente aumentati ma dobbiamo essere attenti per contarli nel modo più corretto e scientifico». Sulla stima di 450 lupi in Piemonte fatta dal vice presidente della Regione Carosso Canavese commenta: «Lato tecnico non posso dire a oggi se sia attendibile, non so come sia stato rilevato questo numero. E non posso dire numeri definitivi perché non sarebbero scientifici».
IBRIDAZIONE LUPO-CANE
L'ibridazione del lupo con il cane è un problema che sugli Appennini è scappato di mano. «Sulle Alpi si potrebbe ancora affrontare - sostiene Canavese - ci sono per ora i primi segnali di esemplari ibridi. È mportante intervenire per preservare la popolazione alpina di lupo. Ma ci sono purtroppo dei vuoti legislativi. Ci stiamo lavorando ma sarebbe fondamentale avere indicazioni dal Ministero. Se no poco potremo fare e ne andrà di messo la conservazione del lupo».
IL PIANO NAZIONALE
La Regione Piemonte si è impegnata di recente per sbloccare il Piano di azione nazionale sulla specie, pronto dal 2014 ma fermo nella Conferenza Stato-Regioni. «Non escludeva che si potesse intervenire con abbattimenti in determinati casi - spiega Canavese -. È un compromesso che può essere trovato. Magari nel caso degli ibridi».
LA PETIZIONE
«Oggi la vita è molto artificiale. Si ravvisa spesso la necessità avvicinarsi alla natura, ma quando poi la natura si fa sentire nascono i problemi e spesso gli animali ne fanno le spese. La questione del lupo sta diventando preoccupante» ha introdotto Moriconi che ha esortato anche i giornalisti a dare il diritto di replica alle voci scientifiche quando riportano notizie allarmistiche sul lupo, e ha ricordato la petizione a cura del tavolo Animali & Ambiente, disponbile on line a questo link e in forma cartacea (quando sarà possibile firmarla) per avere un piano di gestione nazionale del lupo che non contempli abbattimenti. «Sarebbe interessante che il Consiglio regionale organizzasse convegno-dibattito sull’argomento» ha proposto il Garante, rendendosi disponibile a collaborare all'organizzazione.
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Paola Molino