Open Day Passaporti, davanti alla Questura code già nel cuore della notte.
L'alba è ancora ben lontana e fa un freddo tremendo ma davanti alla Questura di Torino Ufficio Passaporti in Piazza Cesare Augusto c'è chi non ha dormito pur di presentarsi e accaparrarsi le prime e più ambite posizioni. Oggi in tutta la provincia di Torino è l'atteso open day per (provare) ad ottenere il passaporto; da mesi è una vera e propria impresa ottenere il documento per il viaggio all'estero: liste di attese eterne, prenotazioni online pressoché impossibili da afferrare, al telefono la speranza è rasente lo zero. Per cercare di tamponare la criticità e il conseguente effetto imbuto questure e commissariati oggi dalle 8.30 fino alle 13 hanno aperto le loro porte in via eccezionale e messo in palio un numero limitato di passaporti.
Poche regole, anzi, una sola: prima si arriva è più c'è possibilità di ottenere qualcosa. Davanti alla Questura torinese sono appena scoccate le 2.30 del mattino al momento dei primi arrivi. Le porte sono sbarrate, nessun avviso o prenotazione ufficiale, vige letteralmente l'autogestione. In pochi minuti un signore che pare particolarmente avvezzo a queste dinamiche tira fuori dalla borsa un banalissimo quadernetto a righe e una penna. Lì sopra vanno segnati (sotto l'attenta supervisione dell'autoproclamatosi organizzatore di prenotazioni) nome, cognome e numero nella coda, così da evitare litigi al momento dell'apertura delle porte. È letteralmente un escalation: alle 3 sono dieci in coda, alle 3.30 già diciassette, alle 4 in venticinque, alle 5.45 si sfiorano le sessanta prenotazioni, quota cento viene raggiunta alle 6.27 e alle 7.30 si sfondava il tetto dei centottanta nomi.
C'è di tutto: giovani, anziani, bambini, famiglie. E arrivano da ovunque: Torre Pellice, Settimo, Barriera di Milano, Pianezza.
Alle 8.30 scocca il momento fatidico. Quanti riusciranno a ottenere il documento? Impossibile da dire con certezza: c'è chi è fiducioso e azzarda un pronostico: «Almeno 120», c'è chi vola ben più basso: «Normalmente ne fanno 35, oggi ne faranno se va bene 70». Quel che è certo è che alle 13 gli sportelli si chiuderanno, chi rientra nella cerchia di fortunati bene, gli altri dovranno riprovare. Inevitabile anche lo sfociare del malumore generale: «È roba da terzo mondo, pago le tasse e non posso avere un documento che mi spetta di diritto» dice un anziano signore che vorrebbe andare a trovare il figlio in America. Assieme alla sua ci sono decine di storie dietro ai volti dalle mille origini, tutte appese ad un documento che tarda ad arrivare.
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Paola Molino