[1974] Il presunto capo delle Brigate Rosse era da un anno in Val Pellice
[Su l'Eco del 19 settembre 1974] La nostra indagine dopo l'arresto di Renato Curcio e Alberto Franceschini
Tutti i lunedì, accompagnato da una giovane donna o da una più anziana, o con il Franceschini, si recava a Bobbio Pellice a comprare 4 litri di latte e formaggio - Da una tabaccaia di Villar Pellice comprava le sigarette, pranzava a Bobbio, frequentava un bar di Torre Pellice.
Certe indagini di polizia assomigliano molto ai bilanci delle grosse società per azioni. I conti, in bilancio, tornano sempre anche se accanto alla contabilità regolare esiste il libro nero, dove entrate ed uscite non devono necessariamente quadrare e dove, soprattutto, chi decide in definitiva è una o due persone. Più o meno è quanto sta accadendo per il «caso» di Renato Curcio, l'uomo arrestato il mattino dell'8 settembre in prossimità del casello 30 a Pinerolo, ritenuto il capo delle «Brigate Rosse», una organizzazione clandestina, responsabile, secondo quanto sostengono gli inquirenti, dei rapimenti di Sossi e Amerio.
L'arresto è stato un capolavoro cinematografico, anche se mancavano le cineprese o le telecamere e ci si è dovuti accontentare di nitide ed eloquenti fotografie. Certamente l'arresto avrebbe però dovuto avvenire in modo diverso; la dinamica pare sia stata studiata per alcune settimane da quelli che sono i responsabili del gruppo antiterroristico. Si sapeva della presenza di Franceschini, 27 anni, laureando in legge, l'uomo che da molto tempo era con il Curcio ma di quest'ultimo, secondo le dichiarazioni ufficiali, non si era completamente sicuri. Così l'arresto avrebbe sì dovuto avvenire domenica 8 settembre, ma verso Torino e in circostanze meno rocambolesche.
I due brigatisti avrebbero dovuto essere portati in caserma e qui, con tutta calma, «poiché si sapeva che avevano addosso falsi documenti», procedere alla identificazione, al riparo di occhi indiscreti. Qualcosa evidentemente di tutta questa messinscena non ha funzionato.
L'episodio presenta però parecchi punti oscuri. I carabinieri da alcuni mesi sapevano della presenza dei due brigatisti nel pinerolese e più precisamente nella Val Pellice.
Su quali elementi si possono fare queste congetture? Intanto funzionari della questura nel mese di marzo o aprile erano stati dalla signora Luciana Migliotti, Via Giordano 3, Torre Pellice, la figlia della donna, Enrichetta Paschetto, morta 4 anni fa che per 8 anni, dal 1942 al 1949, aveva tenuto a balia il piccolo Curcio (la madre, Jolanda, nativa di Monterotondo, non lontano da Roma, aveva avuto Renato da una relazione, pare con un ricco possidente di Imperia). I questurini avevano chiesto alla Migliotti notizie di Renato Curcio «Ma sono almeno 18 anni - ha detto la donna - che non lo vedo, da quando la zia Nina, infermiera presso l'ospedale, l'aveva portato presso un collegio in Liguria».
Ma torniamo ancora indietro nel tempo.
Novembre 1973. A Bobbio Pellice, presso la cooperativa del latte, all'allora gestore Giovanni Negrin, si presenta un uomo: compra latte e qualche formaggio. Le visite diventano più frequenti. Giuseppe Geymonat, succeduto al Negrin nella gestione della cooperativa, ci dice: «Ricordo che quell'uomo (il Curcio - n.d.r.) veniva tutti i lunedì, comprava 4 litri di latte, qualche volta anche un po' di toma». Era solo? «No, spesso l'accompagnava una donna, sui 30 anni, carina, bruna, con i capelli corti». Tutti i lunedì, tra le 15 e le 17, puntuale come un oro-logio svizzero. «Ricordo che in pieno inverno - prosegue il Geymonat - spesso non avevamo clienti ma lui, il Curcio, c'era sempre». Qualche volta, invece che con la donna, si è presentato assieme ad un uomo (il Franceschini?); una volta assieme al Curcio c'era una donna piuttosto anziana, grigia di capelli, sui 70 anni, marcato accento meridionale (alcuni pareri del Curcío sono infatti meridionali).
Chiediamo ancora al Geymonat: non ha mai chiesto sconosciuto dove abitava, cosa faceva di mestiere? «Era un uomo di poche parole; ordinava il latte, pagava e se ne andava; non ha mai fatto confidenza». Che macchina aveva? «Non so esattamente, certo era una grossa macchina». Non una 128 come quella sulla quale l'hanno arrestato a Pinerolo? «Non era una 128, almeno di questo sono sicuro».
Spostiamoci di poche centinaia di metri, presso una trattoria. Lì il Curcio c’è stato, l’hanno visto, e l’ha visto anche “qualcuno” che da mesi era sulle sue tracce. Perché allora - considerando che questa scoperta risale perlomeno alla primavera - il brigatista è stato lasciato per tanto tempo in libertà se è davvero colpevole di quei reati di cui ora ci informano carabinieri e magistratura?
Ma il Curcio è stato visto anche a Villar Pellice, a Torre Pellice, presso un bar, è stato visto ed identificato dalla tabaccaia della borgata Chabriols di Torre Pellice, «È venuto qualche volta - ci ha detto la donna -; comprava MS o Marlboro; però è da almeno un mese che non si faceva più vedere».
Sono questi solo alcuni anelli di una lunga catena; sono pezzi di un mosaico che dovrebbero essere completati per cercare di capire perché e come il Curcio ha potuto per tanto tempo girovagare in Val Pellice, senza dare ufficialmente nell'occhio. Certamente il Curcio non è mai rimasto solo; oltre al Franceschini ci sono la donna giovane, bruna - probabilmente la moglie - e la seconda donna, quella più anziana. Ci sono i litri di latte che tutte le settimane comprava alla cooperativa di Bobbio, c'è il macchinone (targato Torino) che usava per i suoi spostamenti.
Da questi fatti si deduce che il Curcio ha abitato per molti mesi in Val Pellice, tra Torre e Bobbio, ma in una zona facilmente accessibile (altrimenti non avrebbe potuto servirsi della grossa macchina blu scura vista più volte dal Geymonat. Inoltre ha abitato non certo in un capanno anche perché, come ci hanno dichiarato alcune persone che ora ricordano di averlo visto, vestiva sempre in modo discretamente elegante, come la donna ne era con lui. Aveva dunque, non diciamo un basista, ma aiuti sostanziosi che gli arrivavano da «qualche» parte e una possibilità di movimento per lo meno sospetta, difficile immaginare per una persona che avrebbe dovuto essere ricercata per i suoi misfatti (secondo quanto ci dicono) da polizia e spie di tutta Italia. I carabinieri dunque sapevano da mesi della presenza di Curcio e del Franceschini in Val Pellice. Forse, per metterli nella rete, hanno solo atteso il momento più opportuno.
Pier Giovanni Trossero
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