Continua il presidio degli agricoltori piemontesi: le ragioni della protesta
Prosegue il presidio degli agricoltori piemontesi a Rivoli, in un terreno tra l’autrostrada e l’interporto SITO. Nelle prime ore di giovedì erano già un centinaio i trattori radunati, e molti altri stavano arrivando da tutta la provincia. Pinerolese compreso, con un gruppo in arrivo da Scalenghe e dai Comuni vicini. Erano tutti in attesa dell’assessore regionale all’Agricoltura, Marco Protopapa, atteso per le 14,30. «Gli spiegheremo perché siamo qui a manifestare. Speriamo che si possa iniziare un dibattito che pian piano porti a dei miglioramente», spiega Davide Chiambretto. Trentatre anni, agricoltore di Druento, è uno degli organizzatori del presidio. Il gruppo che rappresenta si autodefinisce genericamente “Agricoltori italiani”.
«Abbiamo iniziato questo movimento - spiega Chiambretto - per cercare di farci sentire dai consumatori». Secondo il giovane agricoltore l’immagine dell’agricoltura che viene comunicata è sbagliata ed è ora che siano gli agricoltori a scendere in campo in prima persona. «Oggi la difficoltà principale - spiega - è il prezzo che ci viene pagato per i nostri prodotti. Quello che a noi viene pagato 1 al consumatore costa 10. C’è un margine in mezzo che dovrebbe essere limato. Non solo per noi, ma anche per il consumatore stesso».
Il manifesto che hanno stampato e che distribuiscono all’ingresso del presidio è titolato così: “Agricoltori italiani. In collaborazione con l’assenteismo sindacale”. «Il mercato agroalimentare italiano - si legge nel manifesto - è gestito dalla concorrenza sleale dei prodotti esteri che grazie al loro prezzo inferiore vengono preferiti. Il costo ridotto è dovuto ai controlli meno rigidi, alla burocrazia più snella e a leggi permissive vigenti negli altri stati».
Il comitato chiede quindi che vengano fortificate le frontiere e che cambino le regole per l’apposizione del marchio “Made in Italy”: «Se anche solo il confezionamento viene svolto in Italia questo consente di apporre sull’etichetta la riconducibilità italiana. Questo accresce la disinformazione e la mancanza di fiducia».
Gli agricoltori si lamentano poi per la politica ambientale europea: «È un peccato che non sia gestita da coloro che del pianeta ne fanno una risorsa e non una macchina produttiva». Da questo deriva uno dei problemi più sentiti: «L’obbligo di lasciare a riposo il 4% dei terreni così da non poter soddisfare il fabbisogno nazionale e favorire l’import, accrescendo così la perdita economica aziendale».
Infine la Politica Agricola Comune: «Gli scopi dovrebbero essere stabilizzare i redditi e premiare l’agricoltura rispettosa, ma tutto questo non avviene. I premi vengono erogati in ritardo, senza considerare che affitti, tasse e spese generali non possono essere posticipate».
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Paola Molino