16 agnellini predati all'Assietta a fine luglio: sono stati i lupi, probabilmente cuccioli
L'esame del DNA effettuato sugli agnellini predati nella notte tra il 31 luglio e il 1 agosto scorso all’Alpe Assietta, nel territorio del Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand, ha ribaltato l’esito delle prime indagini: le tracce di saliva rilevate sui segni di morsicatura appartengono effettivamente al lupo e non al cane o alla volpe come si era inizialmente ipotizzato.
L'informazione è stata divulgata dall'ente di gestione dei parchi naturali delle Alpi Cozie, lo stesso che aveva annunciato dopo le prime indagini i dubbi in merito. Ecco perché.
L'INDAGINE
Sabato 1 agosto all'alba il pastore ha avvertito il personale del parco, che ha trovato 16 agnellini predati all'interno di un gregge che comprende anche capi adulti, custoditi correttamente in un recinto elettrificato con un cane da guardiania di razza maremmana.
Solitamente tutto questo basta a evitare predazioni. Ma nella cinta è stata trovata una falla, in prossimità di un avvallamento, che lasciava un varco di circa 50 centimetri al di sotto del filo elettrico. Certamente il passaggio utilizzato dai predatori.
Il venterinario dell'Asl aveva avuto dubbi sul fatto che si trattasse di lupi per diversi motivi: le tracce dei denti sulle carcasse erano troppo ravvicinate rispetto a quelle lasciate da lupi. Oltretutto, quando il lupo attacca un gregge, difficilmente distingue tra capi adulti e agnelli. In questo caso le cose sono antedate diversamente. Il lupo non sembrava il primo sospettato anche perché in genere la sola presenza del maremmano è un dissuasore efficace nei suoi confronti, e perché in giornata sono stati osservati sia dai guardiaparco che da turisti, due cani neri che siaggiravano liberi nelle vicinanze.
Durante la notte successiva, la fototrappola installata da prassi e puntata sulla falla nel recinto ha registrato il passaggio di una volpe, entrata per consumare la carcassa di uno degli agnellini, lasciata come esca. La volpe è altro predatore piccolo, che avrebbe giustificato i segni dei denti e scagionato i cani neri.
IL DNA
A dipanare la matassa è arrivato pochi giorni fa l'esito delle analisi dell’Istituto Zooprofilattico sui tamponi con le tracce di saliva prelevate dalle ferite sugli agnellini: il DNA appartiene alla specie canis lupus lupus. La conclusione più plausibile, secondo l'ASL e l'ente parco, è che la predazione è stata opera di lupi giovani, presumibilmente cuccioli, entrati nel recinto dall’avvallamento.
Quanto al cane Maremmano, la proprietaria Sabina Benedetto sul suo profilo Facebook ha sempre sostenuto (e ribadisce anche oggi) che in realtà «ha combattuto ferocemente riportando segni di lotta al mattino».
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Paola Molino