Carne coltivata, si riaccende il dibattito tra Coldiretti e mondo scientifico
Si riaccendono i riflettori sulla carne coltivata, con un acceso dibattito che ancora una volta vede protagonisti Coldiretti da una parte e mondo scientifico dall'altro.
Bandiere gialle alla mano, la scorsa settimana si sono infatti radunati a Parma in 20mila, 5mila dei quali dal Piemonte, per sfilare davanti alla sede dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa), l'autorità che fornisce pareri scientifici e informazioni sui rischi associati alla filiera del cibo (foto). Alla base della mobilitazione, la volontà di chiedere che vengano rivisti i criteri per l'approvazione del novel food più discusso: nello specifico, Coldiretti vuole «studi medici clinici e preclinici prima di dare il via libera a cibi cellulari e di fermentazione di precisione». Un'istanza riassunta in slogan come "Cibo dalle campagne, non dai laboratori", e nata a seguito della pubblicazione - da parte del Tavolo tecnico interministeriale del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste - del commento al documento Efsa che contiene gli orientamenti sui requisiti scientifici per una domanda di autorizzazione di un nuovo alimento ("Guidance on the scientific requirements for an application for authorisation of a novel food in the context of regulation (EU) 2015/2283"). Orientamenti dai quali, a parere del Tavolo, «emergono alcuni aspetti affrontati in modo non sufficientemente dettagliato», ma che il mondo della ricerca difende come tra i più rigorosi: «Ciò che Coldiretti sembra richiedere è che per la carne coltivata vengano imposti, anziché i test clinici, trials clinici e preclinici come per i farmaci - spiega Alessandro Bertero, biologo molecolare e Professore Associato al Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino -. Può sembrare una finezza semantica, ma in realtà ci sono differenze sostanziali. Semplificando al massimo, mentre i test servono a verificare che il prodotto non sia nocivo per la salute, i trials sono finalizzati a dimostrare che lo stesso "faccia bene", magari anche a fronte di rischi ritenuti accettabili in virtù del beneficio».
A che punto è la ricerca
Nell'attesa che da Efsa arrivi una comunicazione univoca sul tipo di verifica che sarà richiesto in materia di novel food, al Molecular Biotechnology Center di Torino il team del professor Bertero porta avanti Cult Meat, un progetto di ricerca finalizzato a migliorare le tecnologie che consentiranno, un giorno, di portare in tavola carne ottenuta a partire da cellule staminali animali. Forte di oltre 100mila euro di nuovi finanziamenti - 62mila sono arrivati da un crowdfunding cui ha contribuito anche UniTo, altri 50mila da un bando Fondazione Compagnia San Paolo per progetti universitari con brevetti da valorizzare - il gruppo ha potuto acquistare il bioreattore nel quale si vanno ad alimentare le cellule estratte dal tessuto animale. «Con i donatori abbiamo organizzato visite ai laboratori e una cena - continua Bertero -, sempre con l'obiettivo di comunicare al meglio e in maniera corretta quello che stiamo facendo. Vengono chiesti più sperimentazione e più dati, ma la realtà è che i controlli vengono fatti: va compreso che la carne coltivata (quando ci sarà, e non è cosa imminente, ndr) è carne. E sì, può comportare dei rischi: esattamente come qualunque processo produttivo, ma se i rischi sono già stati valutati dagli enti esteri che hanno avuto i primi dossier, diamo il tempo a Efsa di fare altrettanto». Al momento, due i prodotti - un fois gras francese e un hamburger di bovino olandese - per i quali Efsa sta conducendo una valutazione tecnica: «Ci vorranno mesi o addirittura anni affinchè arrivino i risultati sulla valutazione del rischio - conclude Bertero -, ma l'ultima parola spetterà comunque alla politica. Una separazione di compiti che va a tutela di tutti».
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Paola Molino