«Vi raccontiamo Sarajevo vent'anni dopo»

Sette ragazzi pinerolesi, boy scout, condividono la loro esperienza in Bosnia Erzegovina

Vent'anni fa (era il 6 aprile 1992) a Sarajevo iniziava l'assedio da parte delle truppe serbe. Sarebbe durato 1.425 giorni (43 mesi) e avrebbe prodotto solo in quella città 11.541 morti.
Nel cuore della vecchia Europa, poco al di là di quel mare in cui sguazzavamo con pinne e pedalò, era iniziata una guerra devastante e sanguinosa. E inutile, come tutte le guerre. Inutile perché quei morti non hanno risolto nulla. E nulla c'era da risolvere. In una città forse mai pacifica, ma dove su una stessa piazza si guardavano chiese e moschee, templi e sinagoghe, ora più di prima scorre l'odio, alimentato dal sangue delle vittime, dalla sofferenza di chi è rimasto.
Sette ragazzi pinerolesi (Chiara Magnano, Mirko Costantino, Stefano Nangeroni, Christian Coccolatto, Mattia e Maurizio Scali, Alessandro Di Febbo) quella pace precaria, nata da un accordo firmato in un luogo lontano (a Dayton, in Ohio), l'hanno vista da vicino. Hanno ascoltato le voci di chi ha combattuto, ma hanno anche sentito le generazioni cresciute nel Dopoguerra, nutrite da miti nazionalisti che hanno seminato nuovo odio. Figli di una nazione la cui Costituzione garantisce diritti ai gruppi etnici anziché agli individui. (approfondimenti nell'edizione in edicola)

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Paola Molino