Il candidato va al mercato
I nostri candidati vanno al mercato per la propaganda elettorale tra bancarelle, massaie e pensionati. Il modello è quello collaudato da anni da Deodato Scanderebech (che sbuca tra le verdure e il banco del pesce), adattabile sia al Pd che al Pdl. Risparmiosi o sparagnini? O credono nel contatto diretto con il possibile elettore, nella stretta di mano e nella consegna diretta di un "santino"? Probabile. I big che già sono in Regione (assessori o consiglieri) e intendono ritornarci per altri cinque anni hanno quasi tutti preferito invece i grandi manifesti pre-elettorali e quelli ai lati o sul retro dei bus Gtt. Bresso e Cota in testa, ma anche Gariglio non ha scherzato. Dai primi di marzo questa propaganda elettorale (dove, se avete notato, non compariva mai la parola "Vota") è scomparsa: fino al 26 marzo si affiggono solo manifesti negli appositi spazi. Nei manifesti i partiti sono quasi scomparsi, prevale il faccione del candidato, che è un micro partito a sé. Due conti in tasca: costa 1.293 euro affiggere 880 manifesti 70x100; per 260 manifesti (140x200) si spendono 1.764 euro. Più le spese della tipografia. Il periodo è di 15 giorni, poi si ripaga. Il Comune di Torino, dove più s'è concentrato il battage, ha incassato 190.000 euro rispetto ai 55.000 delle elezioni del 2009. Per la Gtt sono giunti per questa pubblicità ben 300.000 euro, il doppio rispetto alla normale pubblicità del resto dell'anno.
(continua)
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Paola Molino