Per la tassa sulla radio rivolta dei commercianti
Nel tuo locale si ascolta la radio? E allora paga. C'è malumore tra diversi commercianti del Pinerolese, che si sono visti recapitare un bollettino di pagamento da parte della Scf, Consorzio fonografici di cui fino a poco tempo fa non conoscevano neanche l'esistenza. E invece, non solo l'organismo esiste ed è cosa differente dalla Siae: in applicazione di una legge del 1941 sul diritto d'autore, la struttura consortile (17 milioni di euro all'anno raccolti) ha iniziato a bussare alla porta di tanti esercenti per riscuotere i diritti discografici sulla musica d'ambiente, quella che potremmo chiamare una "tassa sulla radio". Se Confcommercio ha siglato un accordo con la Scf per quelli che tecnicamente vengono definiti "diritti connessi" (uso dei disci e della musica), così non è stato per Confesercenti, Cna e Confartigianato. Ed è scontro, con quella che Davide Padroni dell'Unione benessere e sanità della Confederazione artigianato e piccola media impresa bolla come misura confusionaria: «Molti associati neanche hanno visto gli ispettori citati nella richiesta di pagamento di Scf. Abbiamo posto la questione di un balzello di cui non conoscevamo l'esistenza (fatto salvo il pagamento Siae) al ministero dei Beni culturali e al Governo, ma non ci sono spiegazioni. Si attende un pronunciamento del Tar al quale hanno presentato ricorso alcune aziende lombarde. Dopo il 5 maggio ne sapremo di più».
Di qui il consiglio di Cna agli associati di non effettuare i pagamenti richiesti (tempi peraltro molto ristretti tra la data di recapito dell'ingiunzione e il termine ultimo per il versamento), in attesa di un pronunciamento favorevole della giustizia amministrativa. Poi c'è chi, pur stranito (non aveva visto ispettori), ha pagato.
La tariffa richiesta dal Consorzio fonografici varia a seconda della metratura: 72 euro per la diffusione e 108 per diffusione e duplicazione quando il locale è inferiore a 150 metri quadrati. A Pinerolo, il presidente della locale Cna, Paolo Reita, racconta il proprio spaesamento: «Nei 122 euro richiesti ci sono stati addebitati i costi di verifica per un'ispezione che non abbiamo mai ricevuto, nessuno si è qualificato come accertatore. Non solo. Nei nostri locali commerciali non abbiamo neanche una radio. E poi tanti altri esercenti che già versano la Siae non si sono capacitati del perché di questa seconda cifra da sborsare». Pure nell'etere è dura lex.
Vogliamo offrire un giornalismo che sia presidio di cittadinanza e di democrazia, forza trainante per il territorio, strumento per comprendere cosa succede nella nostra società e nel mondo.
Paola Molino