Una vita… da postino
Un postino del Pinerolese - di cui raccogliamo la testimonianza in forma anonima - racconta le difficoltà del suo lavoro dopo la privatizzazione dell'azienda. Sue, come di tanti altri.
Siamo allo sbando più totale, l'azienda ci ha prospettato più di 10.000 licenziamenti: da quando si è privatizzata, non ha più senso quanto e come lavoriamo per uno stipendio da fame. Inoltre, non facciamo più parte di Poste italiane ma di Ram (Recapito area manager). I portalettere sono stati ammassati: da alcune persone addette ad un singolo Comune si è passati ad un raggruppamento di più concentrici, che dipendono da un altro ancora. I carichi di lavoro non sono più tollerabili. Non ci sono più i no furgoni, ma i "loro", che arrivano alle 9,30-10 del mattino da Torino con la posta. Così non si riesce a consegnarla tutta quel giorno. Il personale non viene rimpiazzato né sostituito in caso di ferie o malattia, l'assistenza ai mezzi ce la facciamo noi. Siamo abbandonati da tutti, i Comuni sanno solo lamentarsi del servizio: oltre al danno la beffa, perché la gente se la prende con noi, veniamo insultati perché siamo gli unici con cui possono prendersela. Un giorno non arriva il giornale, il giorno dopo si perde la raccomandata. I giovani che vengono assunti lavorano tre mesi, cinque giorni a settimana: quando imparano li mandano via. Inoltre, la gente deve sapere che le circolari precisano che la pubblicità va recapitata per prima, lasciando indietro, piuttosto, il resto della corrispondenza. Il nostro diario delle strade non è più stato aggiornato, così si dimostra che il carico di lavoro è inferiore a quello reale.
Vogliamo offrire un giornalismo che sia presidio di cittadinanza e di democrazia, forza trainante per il territorio, strumento per comprendere cosa succede nella nostra società e nel mondo.
Paola Molino