Tavola rotonda sulle donne in politica: la riflessione della delegata di parità in Città Metropolitana
Gabriella Boeri, cumianese, è la consigliera di parità della Città Metropolitana. Nominata dal Ministero del Lavoro su designazione del sindaco della Città metropolitana, si occupa principalmente della rimozione delle discriminazioni di genere nel mondo del lavoro. È un pubblico ufficiale, interviene per far rispettare il principio di non discriminazione tra uomini e donne e rileva le violazioni della normativa in materia di parità e pari opportunità. Non potendo essere presente alla tavola rotonda sulle donne in politica, in edicola su "L'EM - L'Eco Mese" di dicembre (disponibilie anche nella versione digitale), ci ha inviato un interessante spunto di riflessione.
«Una donna in politica, una Ministra che ha avuto un attimo di emozione e un paio di lacrime in un momento abbastanza drammatico della vita di questo Paese sappiamo bene come l’ha pagata in termini mediatici e di totale mancanza di rispetto della persona. Ma se un uomo, il portiere della Nazionale di calcio, piange, è un eroe. Le donne in politica vengono facilmente etichettate: tutto quello che fanno alimenta la tentazione di infilarle in scatole preconfezionate, che si tratti del loro taglio di capelli, dei vestiti o degli accessori. Ma la trappola potenzialmente più insidiosa è il loro modo di parlare, che è anche l’attività principale di chi fa politica. E le insidie emergono a ogni livello, dal tono della voce alla scelta delle parole, dagli argomenti affrontati allo stile delle conversazioni.
Gli uomini che cambiano spesso tono di voce raramente vengono criticati per questo. Ma nessuno li definisce “emotivi”. Per le donne, invece, le variazioni di tono contano parecchio. Se il tono della voce è profondo e calmo, la donna si potrà guadagnare il soprannome di “mamma” in segno di ammirazione. Se a livello politico una donna esprime magari tutta la sua rabbia ed esasperazione (o la sua ironia), sarà facilmente giudicata “stridula” e “prepotente”, mentre la sua risata “gracchiante”. Questi termini non sono generalmente associati agli uomini. Se scorriamo i vari articoli o ascoltiamo la cronaca è interessante rilevare gli aggettivi destinati agli uni e alle altre, il linguaggio fa la differenza e in questo caso rende evidente la discriminazione e lo stereotipo.
Altro aspetto su cui prestare attenzione: gli argomenti. Di rado viene chiesto agli uomini cosa significhi per loro essere uomini che fanno politica o del proprio ruolo di mariti o padri. Le leader politiche affrontano di continuo domande di questo tipo, che possono essere una trappola. La vera parità arriverà quando le donne in politica saranno ricordate per le capacità di leadership e le competenze professionali piuttosto che per il loro sesso».
(Foto Bruno Allaix)
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Paola Molino