I ricercatori di Life WolfsAlps: «Di lupo di deve parlare, ma senza allarmismi»
Dopo i comunicati stampa dei giorni scorsi di Coldiretti Torino e Uncem Piemonte, che denunciano le predazioni in alpeggio da parte dei lupi - spesso, per la verità, non denunciate o non provate, come riportiamo nell'approfondimento pubblicato sull'Eco del Chisone in edicola da ieri - e dove si prospetta la necessità del contenimento del predatore, abbattendo dei capi, i ricercatori di Life WolfAlps intervengono nel dibattito: «Di lupo si deve parlare - sostengono - ma senza allarmismi e dati alla mano, quali per esempio quelli relativi alla presenza e alla distribuzione dei lupi che a breve il progetto Life WolfAlps metterà a disposizione.
«Il lupo è una presenza ormai stabile nelle Alpi Occidentali da vent’anni. Il suo ritorno naturale sulle montagne piemontesi ha innescato un cambio nel modello di gestione degli alpeggi, ma nessuna delle soluzioni è infallibile e di sicuro tutte hanno un costo per l’allevatore: in termini di denaro, tempo e fatica e stress».
Uno dei nodi da risolvere, per i ricercatori riguarda l’attuale sistema di indennizzi previsto dalla Regione, che «compensa il danno diretto dei capi predati, compatibilmente con le risorse disponibili sia sul piano dell’accertamento, affidato ai veterinari dell’Asl, che del risarcimento, che indennizza solo gli allevatori assicurati al CO.SM.AN. (Consorzio Smaltimento Rifiuti di Origine Animale ). Solo se le predazioni vengono segnalate e accertate è possibile avviare la pratica di risarcimento: per questo è fondamentale denunciare tempestivamente ogni episodio». Anche questo è un tema che abbiamo approfondito sul "L'Eco" in edicola, disponibile anche nella versione digitale.
Rispetto ai due comunicati citati, i ricercatori contestano che «per l’ennesima volta un predatore diventa il capro espiatorio di decenni di abbandono del territorio. La direzione giusta è quella della collaborazione, ma una collaborazione basata su un dialogo onesto e su dati seri. Dall’inverno 2014-2015 è infatti ripartito il monitoraggio della popolazione di lupo interrotto tre anni fa e a breve saranno disponibili i dati relativi al numero dei branchi in Piemonte e sulle Alpi. Peraltro, le informazioni ancora grezze e non elaborate al momento disposizione non fanno pensare a grandi incrementi nella popolazione di lupo a fronte di un numero di attacchi agli animali in alpeggio che negli anni è andato complessivamente diminuendo. I dati scientifici sono l’unica base solida su cui può basarsi una politica di gestione seria, sia che prosegua nella direzione della protezione totale della specie sia che piuttosto opti per forme di contenimento della popolazione».
Nella foto, un esemplare in condizioni controllate (Centro faunistico Uomini e Lupi, Michelangelo Giordano).
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Paola Molino