Risorgimento da riscrivere?
Come tutti i momenti fondanti della storia, il Risorgimento ha alimentato letture e scritture di segno spesso diverso. Basta ripercorrere le cronache delle celebrazioni per accorgersi che le attitudini sono mutate nel corso del tempo, riflettendo ogni volta le urgenze del presente. Nel 1871, in occasione del primo decennale, il Risorgimento si associa alle idee di libertà e di indipendenza: l'Italia si autorappresenta come una nazione giovane e fresca, che è riuscita a scrollarsi di dosso il peso del secolare dominio straniero e che da pochi mesi ha raggiunto l'obiettivo strategico di Roma capitale. Nel 1911, per il cinquantenario, i toni mutano: le nazioni europee stanno preparandosi al conflitto mondiale, l'atmosfera politica si surriscalda di nazionalismo, e l'Italia si rappresenta nell'Altare della Patria, un monumento carico di trionfalismo e di retorica. Il tricolore delle "Cinque giornate", di S. Martino, dei "Mille" sta lasciando il posto alle bandiere insanguinate delle trincee sul Carso. Nel 1961, per il centenario, viene messa al centro dell'attenzione l'Italia delle tante regioni, riunite nell'ottimismo del progresso industriale: sono gli anni delle migrazioni interne, che rimescolano linguaggi e tradizioni, ma sono anche gli anni del boom economico, del benessere, del lavoro per tutti. Il Risorgimento significa orgoglio nazionale: Garibaldi, Cavour, Mazzini, Vittorio Emanule II sono le icone di una stagione che ha riunito militarmente ciò che nel presente di riunifica culturalmente e socialmente. (approfondimenti nell'edizione in edicola)
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Paola Molino