C'è chi vorrebbe strumentalizzare la fede

La società di oggi si nutre sempre più di un nuovo ordine libertario. Andiamo verso una deriva radicale di massa nella quale prevale - a scapito del bene comune - la sola difesa dei diritti individuali; ciascuno è invitato a vivere secondo i suoi desideri. Così stiamo anche assistendo ad un conflitto attorno al tema della laicità con atteggiamenti che spesso ricordano un anticlericalismo che si riteneva superato.

C'è una laicità di combattimento, non una laicità di distinzione e di rispetto. C'è la crescita di una vera e propria ideologia, quasi una nuova religione con i suoi dogmi indiscutibili.

Se questo è il clima culturale nel quale siamo immersi, constatiamo invece che all'avvicinarsi delle elezioni regionali, sia a destra che a sinistra, vi è una gara tra i candidati a ricercare e conquistare il voto dei cattolici facendo spesso gli uni professioni di fede non richieste, e i non credenti osannando la religione, considerata patrimonio caratterizzante l'identità dei nostri territori. La politica è divenuta spettacolo, apparire vale più di essere e così è vuota di contenuti.

Certe improvvise riverenze alla gerarchia ecclesiastica, certe partecipazioni inconsuete alla vita religiosa, certi elogi inattesi alle opere assistenziali cattoliche, in questi tempi elettorali dovrebbero farci pensare. Gli "atei devoti" stanno usando la fede per i loro interessi. La Lega, che nel suo esordio si nutriva della religione del dio Po, ora esalta la civiltà cristiana, ma come antidoto contro l'islamismo. I simboli "Dio, patria, famiglia" sono usati da molti uomini del centrodestra per alimentare la paura e le divisioni e per giustificare scelte autoritarie e regressive.

I cattolici adulti riflettano seriamente su questi comportamenti: la religione civile non è la religione del Vangelo. Oggi i cattolici adulti chiedono a coloro che si impegnano in politica: onestà, coerenza con i valori che enunciano, capacità e volontà di attuare un programma di sviluppo del territorio e di soddisfacimento dei bisogni della gente. Solo così riprenderà quota la dimensione etica della politica intesa come servizio teso a realizzare il bene comune. Il cattolicesimo democratico, a questo proposito, ha ancora molto da dire al nostro Paese: è un patrimonio che non va rimosso. Occorre salvarne la memoria e soprattutto i valori di cui fu portatore nella storia italiana.

Quando si parla di valori c'è il rischio di una certa unilateralità rispetto alla quale, tuttavia, l'unico antidoto efficace è riconoscere la visione trascendente della persona e la pari dignità di tutti gli uomini. La socialità, a sua volta, esprime invece la premura per la gente concreta e le situazioni obiettive.

In un'Italia secolarizzata i laici credenti devono accettare le sfide sempre più complesse dell'identità. Certo la fede, per chi la possiede, è parte della vita e non può restarvi estranea. Ma essa non elimina la fatica di trovare un punto d'incontro con gli altri, non esime dalla responsabilità di elaborare norme e leggi in cui tutti possano riconoscersi e sentirsi vincolati.

Questo tempo chiama i laici cattolici a riprendere il messaggio del Concilio senza aspirare necessariamente a un progetto compiuto, ma testimoniando l'ispirazione cristiana nella ricerca comune. Il dialogo esige mitezza, il dubbio è fecondo, mentre la rottura dei rapporti in una società pluralistica provoca scontri e dà spazio solo ad integralismi e alla rinascita di fondamentalismi.

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Paola Molino