«Digitalizzazione e clima, così si crea la frattura tra metropoli e periferia»

«Digitalizzazione e clima, così si crea la frattura tra metropoli e periferia»
Giovedì 21 Marzo 2024 - 17:33

Intervista all'economista Giulio Buciuni, docente di Geografia economica al Trinity College di Dublino. Lo abbiamo incontrato in Italia per la presentazione del suo saggio "Periferie competitive": un tema che ci riguarda molto da vicino.

 

Nel saggio "Periferie competitive", denso di analisi e ragionamenti, scritto con Giancarlo Corò, professore ordinario di Economia applicata all'Università Ca' Foscari di Venezia, Giulio Buciuni affronta il tema dello "sviluppo dei territori nell'economia della conoscenza". Parlando con lui a margine della presentazione del  suo libro alla Scuola di Formazione Infor Elea di San Secondo di Pinerolo, ci ha espresso la preoccupazione sulle conseguenze dei processi di digitalizzazione sull'economia, che lo ha spinto a scrivere questo libro di estrema attualità.

Scrive: «Anziché ridurle, l'economia della conoscenza e della digitalizzazione ha creato, tra centri metropolitani avanzati, attrattivi e progressisti e periferie urbane e rurali sempre più emarginate, forme di disuguaglianza che esaltano le contrapposizioni e a lungo andare possono costituire un rischio per le democrazie». Conviene specificare che il saggio riconosce solo a Milano e al suo hinterland il ruolo di cosiddetta Alpha Cities ovvero aree metropolitane capaci di attirare talenti, imprese e risorse finanziarie da tutto il mondo, simbolo di "innovazione traino dello sviluppo economico". Mentre per "periferie" non s'intendono le comunità che stanno ai margini dai grandi agglomerati urbani, ma intere Regioni.

Il dubbio che la transizione ecologica e il Green Deal, per dirla con un'espressione coniata dalla Comunità Europea, costituisca una ulteriore complicazione per chi sta fuori dai giochi è forte. Comincia da qui l'intervista a Giulio Buciuni. 

 

I cambiamenti climatici che effetti stanno avendo in termini economici sui territori cosiddetti periferici come la provincia di Torino o di Cuneo?

«La transizione ambientale è costosa, richiede capitali e conoscenze, quindi chi meglio può intraprendere questo percorso se non le grandi imprese e le cosiddette città alpha che dispongono di importanti risorse finanziarie e umane? Al contrario in questa fase le regioni periferiche rischiano di essere ulteriormente penalizzate».

Intervenire come?

«Intendiamoci, per essere efficaci occorre prima che i territori si riconoscano come aree periferiche con tutto ciò che ne consegue senza illudersi che la situazione si possa risolvere con ricette ispirate al passato. Posso assicurarvi che è un passaggio per nulla scontato: Piemonte e Veneto non rientrano più nelle aree cosiddette alpha, ma le classi politiche e imprenditoriali non hanno ancora preso coscienza della loro condizione di periferia rispetto a una realtà come Milano».

Un'affermazione che tanti sarebbero pronti a contestare...

«È perché queste regioni si fanno forza del fatto di disporre ancora di un tessuto produttivo importante, senza rendersi conto che la conoscenza produttiva non è una risorsa data una volta per tutte e non può essere confinata alla tradizioni locali, siano esse artigianali, industriali o anche tecnologiche». 

Si direbbe una sofferenza psicologica, prima ancora che economica, è così?

«In un certo modo è vero; si cade in una sorta di fatalismo e non si sente l’urgenza di intervenire, oppure si scatena il fenomeno della rivalsa per cui si osteggiano le iniziative tecnologiche e ci si affida al populismo al momento del voto».

Come si può reagire?

«È fondamentale mettere al centro le risorse umane, disporre di talenti, la formazione e la cultura nell’economia fanno ancora la differenza». 

Resta il fatto che i talenti si trasferiscono dove possono trovare le condizioni migliori...

«Questa condizione non è per sempre; a un certo punto anche i know out più avanzati diventano maturi e quindi più accessibili, prendiamo l’esempio dell’Intelligenza artificiale: sembrava qualcosa di inarrivabile, oggi non è più così, si aprono opportunità a patto che...».

A patto che?

«Il territorio si trovi preparato; tocca alla politica e agli attori economici locali rimuovere gli ostacoli che rallentano la transizione, questo per evitare che le comunità si sentano tenute sempre più ai margini e scatti una sorta di rivalsa che si traduce nel consenso a derive populiste e al ricorso a politiche redistributive del reddito prelevato dalle aree più ricche ma che alle fine non risolvono il problema».

La rivolta dei trattori, il rifiuto degli agricoltori delle regole del Green Deal della Ue sono frutto di questi sentimenti?

«Bisogna stare attenti a semplificare troppo, ma certamente accanto a ragioni sacrosante, ci sono tutti gli elementi per riportare le proteste a quanto si diceva prima, del resto molte delle richieste avanzate erano volte a rallentare processi innovativi».

Molti territori, compreso il Pinerolese per reagire alla deindustrializzazione e allo spopolamento hanno puntato sul turismo, è  sufficiente?

«Si tratta di azioni anche importanti ma che restano di nicchia se non in presenza di grandi elementi di attrazione, possono essere tutt'al più complementari a qualcosa di veramente produttivo; durante il Covid si è pensato che le aree periferiche ritenute più sicure attraverso il lavoro a distanza avrebbero potuto trovare una ragione di attrazione di capitale umano, terminata la pandemia abbiano assistito a un lento ritorno nelle grandi città: un'occasione persa».

Per concludere ci dice la prima cosa da fare per avviare un percorso? 

«Puntare sul capitale umano, non ci sono dubbi: dare strumenti a giovani motivati e con idee innovative alla ricerca di un modello economico alternativo; un esempio potrebbe essere il movimento dei "makers": neo artigiani tecnologici, auto produttori particolarmente interessati all'intersezione tra hardware e software in attività produttive a volumi limitati».

 

L'intervista è apparsa su L'Eco Extra di Marzo 2024: il numero è interamente dedicato al rapporto tra la transizione ecologica e la sostenibilità delle attività umane, o - come recita la copertina - all'intreccio fatale tra economia e ambiente.

Alberto Maranetto
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