Pinerolo, l'ex parroco Don Paolo Bianciotto a processo: tanti soldi, tanti prestiti, tanti regali. E tanti dubbi

02/02/2025 - 07:42

Una storia che ha fatto già tanto parlare e che farà ancora spendere tante altre parole. Il perché è semplice: è di quelle gustose, con tutti i tratti del feuilleton. Un prete "imprenditore", una presunta perpetua-amante, parrocchiane fragili che del loro sacerdote si fidano ciecamente e gli chiedono consigli su tutto, tanti altri che non tentennano un attimo ad aprire il portafoglio per venire incontro alle "necessità" della Parrocchia. Insomma storie opache, come se ne vedono parecchie. Madonna di Fatima di Pinerolo e il suo storico (e carismatico) parroco don Paolo Bianciotto ne sono un esempio. Per lui, classe '43 (attualmente ospitato nell'ex Seminario di Pinerolo), a settembre è partito il processo davanti al giudice Riccardo Ricciardi della Quarta penale del Tribunale di Torino. E' chiamato a rispondere di circonvenzione di incapace ai danni di tre persone: Laura B., classe '66, Estella B., classe '37, e del figlio di quest'ultima, Valter L., del '68, ricoverato in una struttura psichiatrica e unica parte civile costituita.

Tre (presunte) vittime, e di queste parla il procedimento. Certo, man mano che il dibattimento si dipana e nuovi particolari emergono, il dubbio che possano essercene altre, si fa forte. Di certo i bonifici e i prelievi "sospetti" sono parecchi e su tutti pesano forti interrogativi. Come sono parecchi i "regali" alla fida perpetua Marinella, che davanti al giudice è già comparsa il 30 settembre scorso per spiegare, o meglio "non" spiegare, da chi arrivassero i soldi per il mutuo del suo alloggio o di svariate attività per lei e famiglia: un fiume di denaro (700-800mila euro) di cui non ha saputo dar conto. Ma tutto questo, ribadiamolo ancora, non è oggetto del processo attuale. Come non lo sono quei tanti prestiti che don Paolo pareva abituato a farsi, attingendo dai conti della Parrocchia (l'indagine ha messo a fuoco ammanchi per circa 303mila euro), da quelli dell'Ass. Nuova Scuola Mauriziana di Torre Pellice di cui è stato per anni presidente del Consiglio direttivo (132.500 euro), dai conti della signora Laura (115mila) e da quelli di Estella col figlio (circa 84mila). Totale, oltre 635mila euro.

L'essersi appropriato indebitamente di questo denaro, reato inizialmente ipotizzato dal pm Francesco Pelosi, non si è però tradotto in imputazione: occorreva la querela di parte e questa poteva arrivare solo dal Vescovo. Non è arrivata. Forse mons. Derio Olivero ne spiegherà il motivo quando comparirà in aula come testimone.

 

I difensori di don Paolo e il missionario in Indonesia

«La cosa che ci dà più fastidio è che sui media si parli di "nuove accuse" - replicano con forza i legali di don Bianciotto, avv. Simone Chiappori e Wladimiro Lanzetti -: sembra che don Paolo prendesse soldi da alcune poverette e li desse all'amante. Assolutamente sbagliato fare di tutt'erba un fascio e cercare di unire puntini che non sono collegabili. Non c'è nessuna nuova accusa: il processo verte sulla circonvenzione e noi ci dobbiamo difendere da quell'ipotesi, mentre ci troviamo a difenderci da accuse che nel processo non sono entrate. Ma siamo sereni: è tutto documentato». Quanto ai prestiti "indebiti", i difensori sono chiari: «Alla Nuova scuola mauriziana è stato restituito praticamente tutto prima che scoppiasse l'inchiesta», versione che però contrasta di netto con quella degli inquirenti. A dare una mano a don Paolo nel coprire i debiti sarebbero pure intervenuti i bonifici di un suo buon amico: un missionario vicentino da molti anni attivo in Indonesia, ambasciatore della Onlus "Progresso e solidarietà nel mondo", che si occupa di borse di studio per i giovani delle Isole Mentawai e ha sede proprio a Madonna di Fatima.

Quanto alla Laura B., «don Paolo le ha restituito più soldi di quanti lei gliene avesse prestati», rimarca Chiappori.


 

Origine dell'inchiesta, tra pedinamenti e intercettazioni

Il maresciallo Ivo Albarin, ex comandante della Sezione operativa della Guardia di Finanza di Pinerolo, nell'udienza del 21 gennaio è stato chiamato a chiarire come nacque l'indagine a carico del sacerdote: movimenti sospetti sui suoi conti correnti, nel 2020 fecero partire l'inchiesta, con tanto di pedinamenti e sequestri. E una marea di intercettazioni, oggi contenute in mille pagine di trascrizioni. Da queste emerse quella che Albarin ha definito «estrema dipendenza» di alcune parrocchiane da don Paolo. La signora Laura ad esempio gli telefonava per chiedere un parere su tutto. Se andare a dormire, cosa comprare, cosa e quando mangiare, che scarpe mettere. Lo faceva, sempre, ad orari fissi: 7,28 e 19,28.

Una donna certo fragile (pur con un buon lavoro all'Asl), certo molto religiosa, che si sentiva perseguitata e vedeva complotti ovunque. Le era stata fatta una diagnosi di schizofrenia paranoide, come confermato in aula il 30 settembre dallo psichiatra Siro Barboni che l'aveva in cura. Affetta da una patologia psichiatrica importante, ma, capace di gestire la sua situazione dei suoi beni. «Sotto quel profilo la signora difficilmente poteva ritenersi circonvenibile - aveva puntualizzato Barboni -. Era molto attenta e capace di gestire il suo patrimonio: la sua diffidenza in qualche modo la proteggeva».

 

Laura, l'ex tutrice legale e il don sempre presente

Per anni Laura aveva avuto un'amministrazione di sostegno, poi revocata. A svolgere quest'incarico, l'avv. Monica Ferrari di Pinerolo: «L'amministrazione di sostegno era stata chiesta nel 2011 proprio da Laura B., per avere aiuto in una questione ereditaria. Si trattava di vendere un alloggio e la signora aveva molta fretta di chiudere la questione per avere denaro a sua disposizione». Il problema erano però i rapporti difficili tra la donna e i famigliari. Da qui la tutela "a tempo determinato", finalizzata ad uno scopo bene preciso: vendere la sua quota di eredità e incassare la somma a lei spettante, pari a 117mila euro.

«Dopo circa 7 anni, e dopo aver persino intentato causa ai coeredi per ottenere quanto la signora chiedeva, siamo riusciti a raggiungere l'obiettivo: il 31 gennaio 2018 si fissa l'atto in banca (a Torino) e il 23 maggio successivo si tiene l'udienza davanti al giudice per la chiusura dell'amministrazione». In entrambi i casi, banca e tribunale, la signora «si presenta accompagnata da don Paolo» che in aula, l'avvocata lo ricorda bene, «teneva in mano il volantino dell'albergo di Pragelato che voleva ristrutturare». Un particolare magari "curioso", ma che non poteva certo impedire la chiusura della tutela.

«Noi non avevamo nessun motivo per opporci - avverte l'avv. Ferrari -: le condizioni di difficoltà che avevano richiesto la tutela erano cessate e Barboni aveva confermato che la signora era in grado di gestire la sua situazione patrimoniale», come da relazione consegnata al giudice il 15 maggio 2018, pochi giorni prima dell'udienza. «Il giorno dopo la sottoscrizione dell'atto ho versato alla signora i 117mila euro ottenuti per la vendita della sua quota e al momento del deposito sul conto intestato a Laura B. c'erano 138mila euro. Cosa poi sia successo non lo so».