Non era peregrino aspettarsi l'ergastolo e invece i giudici hanno fissato la pena finale a 18 anni di reclusione: punto di partenza, 27 anni, ridotti di un terzo per l'applicazione dei benefici previsti dal rito abbreviato. Quello che l'imputazione inziale non consentiva, ma che, esclusa l'aggravante dei "futili e abietti motivi", è tornato ammissibile.
Una sentenza, quella pronunciata oggi dalla Prima sezione della Corte d'Assise di Torino (presidente Alessandra Salvadori, a latere il giudice Roberto Ruscello) dopo tre ore di Camera di Consiglio, che il difensore Alberto Bosio difficilmente avrebbe sperato. Il suo assistito, Mehdi Hounaifi, nato in Marocco nell'87, nella notte tra il 4 e 5 ottobre 2021 aveva ucciso a coltellate la 44enne Carmen De Giorgi, nel centralissimo bar Primavera di Luserna S. Giovanni, e ferito le due amiche, Simona e Loriana, che erano con lei e tentarono (invano) di salvarla. Le aggredì alle spalle, con un coltello che si era portato da casa e teneva nascosto in un doppio paio di calze.
Nell'udienza del 12 ottobre scorso, Hounaifi, per la prima volta aveva chiesto perdono. «Non so cosa è successo, mi sentivo strano, avevo la testa strana. Non ricordo, chiedo perdono», ha detto quel giorno. Non è però bastato ad alleggerire la sua posizione: la perizia psichiatrica ha parlato chiaro. L'uomo soffre di un forte stato di ansia, ma è capace di intendere e volere, e stare in giudizio.
Questa mattina, al termine di una puntuale e pacata requisitoria, la pm Delia Boschetto ha chiesto per il 35enne, attualmente detenuto alle Vallette, la condanna a 26 anni di reclusione, ribadendo la sua «lucidità nel commettere il delitto». Poi è toccato alle parti civili: l'avv. Monica Bernardoni per due donne ferite (nei confronti delle quali era imputato di lesioni aggravate), e Antonio Gilestro, legale della famiglia della vittima. La prima ha ricordato che Hounaifi era uscito di casa con un coltello nascosto nei pantaloni. Un coltellaccio con una lama da 20 centrimetri e impugnatura da 13. Anche lei ha sottolineato la lucida razionalità con cui ha aggredito le sue vittime, sempre alle spalle, lasciando esanime Carmen: «Un comportamento che dimostra totale indifferenza per la vita e l'incolumità delle persone». A lui, dice in sostanza Bernardoni, «interessa solo di sè».
Poi è toccato a Gilestro che ha sottolineato, quasi commosso, due punti: «Carmen era una donna dolce, che stava attraversando un momento difficile. Insinuare che aveva bisogno di prostituirsi, è gravemente offensivo». E ancora: «Ha lasciato una figlia giovanissima (Francesca compirà 20 anni proprio domani, ndr), che aveva bisogno della mamma ed oggi non ha più nessuno a cui chiedere "mamma, tu cosa faresti?"».
Quanto al difensore Alberto Bosio sono bastati una manciata di minuti: «Sull'aspetto oggettivo c'è poco da dire, c'è solo da chiedere scusa alla famiglia della vittima». Il legale ha fatto leva sulla clemenza della corte per ottenere la pena più bassa possibile, anche sulla scorta di un comportamento processuale di grande correttezza. «Nei 5 anni che è stato in Italia, Hounaifi è stato quasi un fantasma: nessun procedimento penale e neppure alcun hobby. Niente che lasci intendere atteggiamenti irrispettosi nei confronti delle donne. Il suo è stato un gesto, folle e barbaro, ma del tutto isolato». E Bosio è convinto che l'alcol in questa vicenda scolvolgente, abbia giocato la sua parte. Indubbio che, col verdetto odierno, abbia incassato un risultato oltre le aspettative.
Quanto ai risarcimenti, disposte le provvisionali per tutte le arti civili: 100mila euro per la figlia di Carmen, 50mila per il fratello e 25 mila in totale per le due amiche (15 per e 10mila). Cifre che, c'è da credere, resteranno teoriche, ma che, come dice Bernardoni «testimoniano la bontà delle richieste dei danneggiati. Ora attendiamo le motivazioni (45 giorni, ndr) per capire le ragioni che hanno portato i giudici ad escludere i motivi futili e abietti». E così aprire le porte ad una netta riduzione della pena.