Ricorso respinto: la Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Stefano Barotto. Classe '49, piccolo impresario edile da tempo in pensione, il 18 ottobre del 2019 uccise a fucilate Assuntino Mirai, suo vicino di casa al Crò, nel Comune di Pinasca, proprio sul confine con San Pietro Val Lemina. Dopo la decisione della Prima sezione della Suprema Corte, la sentenza a carico di Barotto, detenuto nel carcere delle Vallette, è quindi divenuta definitiva.
Palpabile la delusione dell'avv. Sheila Foti, che ha assunto la difesa di Barotto solo in appello. «Contestavamo il fatto che i giudici di merito non avessero riconosciuto l'attenuante della provocazione, nè avessero concesso le generiche, comminando così una pena più lieve: la Cassazione ha però considerato inammissibile il ricorso, ritenendo di fatto che la ricostruzione dei giudici di merito fosse logica e coerente». L'unica misura a cui Barotto potrebbe ora a vere accesso è quella prevista dall'articolo 21 dell'Ordinamento Penitenziario: i cosiddetto "lavoro esterno", perché prevede la possibilità che i detenuti escano dal carcere per lavorare o studiare. «Spero di poterlo aiutare così», conclude Foti.
Sul fronte opposto la famiglia della vittima (la moglie, le figlie e il nipotino), parte civile con gli l’Avv. Cristian Scaramozzino e l’Avv. Cristina Lavezzaro: «Anche se nessuno riporterà indietro il povero Mirai - commentano i due legali - la Giustizia non è stata beffata e ha punito l’autore del barbaro gesto per come meritava, con una pena giusta. Si è definitivamente conclusa una lunga e dolorosa vicenda, nell’ambito della quale un uomo ha perso la vita per un gesto folle e inspiegabile. Seppur nella tragicità dell’evento esprimiamo soddisfazione per l’esito processuale». Confermate pure le statuizioni civili per il risarcimento del danno: «Purtroppo non verranno mai eseguite in quanto Barotto risulta nullatenente».
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