Assolto: questa la sentenza appena pronunciata dai giudici della Prima sezione della Corte d’Assise di Torino (presidente Alessandra Salvadori, a latere Melania Cafiero) per Alex Pompa, il ventenne di Carignano che il 30 aprile dello scorso anno uccise il padre Giuseppe per difendere la mamma Maria Cotoia da quel marito violento, morboso, geloso a livelli patologici. Uno che per anni ha esercitato su moglie e figli (Loris, il maggiore, e Alex), un controllo ossessivo, costellato di insulti e minacce costanti. Fino a quella sera del 30 aprile 2020 quando Alex ha visto il padre avvicinarsi al cassetto dei coltelli della cucina e l’ha “preceduto”. E su di lui si è scagliato con una forza che solo la disperazione sa assicurare: 34 coltellate, inferte con sei coltelli diversi. Poi ha chiamato i carabinieri.
Assoluzione per legittima difesa, ha invocato il suo difensore, avv. Claudio Strata che questa mattina ha ricostruito alcuni momenti della vita di Alex, Loris e Maria in una casa che quel padre-marito-padrone aveva trasformato in un inferno. Ha, ancora una volta, fatto ascoltare gli audio terribili che ci rimandano al clima in cui i due ragazzi sono cresciuti. Registrazioni che la stessa Maria aveva chiesto ai figli, perché rimanessero prove, documenti. «Ci avrebbe ammazzati e volevo rimanesse traccia di tutto». Audio furiosi, carichi di violenza, irripetibili insulti, minacce continue di morte. «Quella era la sera X», ha ribadito oggi Maria. Non era come tutte le altre, ma il culmine di un delirio patologico che l’alcol non poteva che ingigantire. «Cosa aspetti a venire - aveva scritto Loris allo zio Michele con un messaggio delle 22,26, visualizzato alle 22,27 – ci uccide tutti». Michele, l’unico a cui il fratello Giuseppe dava ascolto, avrebbe potuto intervenire: in un minuto sarebbe arrivato in Via De Amicis. Non l’ha fatto e oggi si è pure costituto parte civile con l’avv. Federico Squartecchia chiedendo un risarcimento di ben 250mila euro. Non l’ha fatto, forse pensando che quei due giovani nipoti stessero esagerando, stessero enfatizzando il pericolo. Così la pensa pure il pm Alessandro Aghemo che per Alex ha chiesto una condanna a 14 anni, convinto che a guidare la mano di quel ragazzo non ci fosse un «comportamento difensivo» e che «la situazione oggettiva» non fosse tale da «giustificare quell’atto di aggressione». La sentenza di oggi racconta invece un'altra versione.
Oggi dopo l’arringa difensiva e le repliche in un’udienza durata tutto il mattino e una Camera di Consiglio conclusa nel tardo pomeriggio, la Corte d’Assise ha deciso: assolto "perché il fatto non costituisce reato". Vale a dire, è stata legittima difesa. C'è da credere che quei 109 femminicidi perpetrati in Italia in questi ultimi dieci mesi, abbiano avuto un peso su una Corte declinata quasi totalmente al femminile. «Solo un'assoluzione piena potrà ridare serenità ad Alex», aveva commentato Strata che ora, al termine di una giornata di attesa spasmodica, può dirsi giustamente "strafelice". «Ce la meritiamo, per poter tornare ad una vita almeno normale», ha aggiunto mamma Maria. In foto, l'aula d'udienza di quesa mattina con l'avv. Strata impegnato nella sua discussione.
Articolo modificato alle ore 19 del 24-11-21