«Un gesto dettato dall’unica volontà di difendersi, dopo anni di maltrattamenti». L'avv. Sergio Bersano non ha mai avuto dubbi: a muovere la mano della cinquantenne Silvia Rossetto, fu la disperata volontà di difendersi da Giuseppe Marcon, con cui conviveva da 11 anni. E quella sera del 2 settembre 2018, quando nell’alloggio di Via Juvarra a Nichelino tra i due era scoppiata l’ennesima, lite, lei aveva trovato la forza di reagire. Lui (66 anni) l’aveva aggredita alle spalle, puntandole un coltello alla gola. «Lei - ha ricostruito il legale - ha preso alla rinfusa una posata dal cassetto contro cui era pressata e riuscendo per un attimo a divincolarsi si è girata ed ha dato un solo colpo, alla cieca, con l’arnese che aveva in mano, che purtroppo si è rivelato essere un coltello». Un solo fendente, mortale, tra le costole. Dritto al cuore.
Legittima difesa, sosteneva Bersano. E con quella motivazione il giudice di primo grado Stefano Vitelli il 27 gennaio dell’anno scorso l’aveva assolta e scarcerata. Sentenza confermata oggi dai giudici della Prima Corte d’Assise d’Appello di Torino (presidente Fabrizio Pasi) che hanno così respinto il ricorso presentato dal sostituto procuratore generale Nicoletta Quaglino per “eccesso colposo di legittima difesa”. Un’interpretazione che l’avv. Bersano bollava come infondata. Oggi ha incassato un'ulteriore conferma..