È in pieno svolgimento, davanti alla Prima sezione della Corte d'assise d'appello (presidente Franco Greco, consigliere relatore Luca Ferrero e al loro fianco sei giudici popolari), il processo a carico di Manuel Morisciano. Il 25enne di Giaveno (dove lavora come, assai apprezzato, panettiere e pasticcere) è accusato di concorso nell'omicidio volontario di un motociclista, il 47enne di Villar Focchiardo Alessandro Gino, e del ferimento di Pierluigi Ozzello (anche lui membro Club motociclistico Hells Angels), avvenuto nella tarda serata del 12 gennaio 2017 sul piazzale dell'Aquila. In primo grado, il 10 luglio 2018, Morisciano era stato assolto "per non aver commesso il fatto". Ieri, giovedì 25, nel corso della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale chiesta dal procuratore generale Valerio Longi, sono stati risentiti sei biker che quella sera erano saliti all'Aquila, come ogni settimana usavano fare, per cenare insieme nella loro sede, giocare a carte, a bigliardo e predisporre l'organizzazione del tradizionale motoraduno ("Quat te bin") previsto per fine gennaio. Il primo ad essere riascoltato dai giudice della Corte d'Assise d'Appello è stato proprio Ozzello, che quella notte fu investito dalla Mini del giovane giavenese e, sbalzato a terra, riportò la frattura del femore. Risentito pure l'ex presidente (la sede pochi mesi dopo la tragedia venne chiusa e il Club sciolto), Nicola Borgese. Nonostante l'udienza (la seconda) ancora una volta durata l'intera giornata, dai racconti dei motociclisti non sembrano essere emerse significative novità nella ricostruzione dei fatti, sempre costellata da confusi "non ricordo", "non ho visto", "ho voluto rimuovere".
Posto il fatto, assolutamente esecrabile, che i giovanissimi cugini Manuel Morisciano e Eric Romano, col padre di quest'ultimo (Claudio), la sera del 12 gennaio risalirono sul piazzale dell'Aquila decisi a far valere le loro ragioni (a seguito di un precedente diverbio con alcuni dei biker), in quella tragica vicenda restano ancora vari aspetti da chiarire. In pochi minuti, poco prima della mezzanotte, spuntarono le pistole che Eric si era portato dietro (una semiautomatica nera e un revolver grigio cromato) e con cui poi esplose diversi colpi (11 i bossoli ritrovati). Nessuno sparato ad altezza d'uomo, segno che l'intenzione del ventenne (che pure sapeva usare le armi molto bene) non era quella di uccidere. Per maledetta fatalità uno di quei colpi andò a colpire Gino che morì una settimana più tardi senza aver mai ripreso conoscenza. Spuntarono però anche spranghe e mazzette, che danneggiarono pesantemente la Mini Cooper di Morisciano e il Suv di Claudio Romano. Volarono pugni di cui i volti di Eric e di suo padre riportarono segni evidenti. Una rissa in piena regola, di cui nessuno dei motociclisti è mai stato chiamato a rispondere.
Ora Morisciano (difeso dagli avv. Andrea Cianci e Giampaolo Zancan) è di nuovo in un'aula di Giustizia. Giovedì prossimo, 1 aprile, un'altra decina di biker dovrà presentarsi davanti alla Corte: senz'altro sarà ancora una lunghissima udienza, in cui lo stesso Morisciano potrebbe decidere di sottoporsi ad esame o rilasciare dichiarazioni.
Su L'Eco del Chisone in edicola (disponibile anche in versione digitale), ampio articolo sulla drammatica vicenda. Nella foto di repertorio, il parcheggio dell'Aquila, sulle alture di Giaveno.