I risultati dei tamponi nella RSA “Piccola Casa della Divina Provvidenza -Cottolengo” di Pinasca (20 ospiti e 7 operatori positivi al Covid-19) hanno fatto impennare i casi di contagio tra i residenti pinaschesi. Ovviamente non tutti i 27 casi riscontrati nella casa di riposo lo erano.
Fino ad ora sono stati eseguiti circa 131 tamponi sui residenti di Pinasca. I casi positivi dall'inizio dell'epidemia sono 38 residenti più 6 domiciliati. Di questi, 15 residenti e 4 domiciliati ospiti nella RSA “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, più 23 residenti e 2 domiciliati nel resto del territorio. Di questi ultimi, 10 sono guariti, 3 deceduti (+1) e 10 (+1) tuttora positivi. I tre residenti deceduti, come già evidenziato, erano tutti ospiti in Residenze per Anziani site in altri comuni.
Al netto delle persone guarite e di quelle purtroppo decedute sono quindi 10 fuori e 15 dentro la casa di riposo. «Non possiamo che essere vicini alle famiglie degli ospiti risultati positivi, che staranno vivendo questi momenti con molta preoccupazione», così il sindaco Roberto Rostagno ha commentato gli esiti dei tamponi nella Rsa.
I positivi, a quanto segnalato dalla direzione della struttura, risultano al momento tutti asintomatici. «La presenza di numerosi casi asintomatici - commenta il sindaco - deve sempre di più farci riflettere su come il Virus si diffonda in maniera subdola. Soprattutto all’alba della fase due il tema dell’asintomaticità risulta importante. Secondo alcuni studi, che potrebbero essere ottimistici e di cui sapremo l’attendibilità solo quanto sarà possibile fare su larga scala il test sulla presenza degli anticorpi nel sangue delle persone, almeno il 10% della popolazione (300 persone per Pinasca) in questi primi giorni di fase due andrà in giro essendo infettata dal virus senza saperlo».
«A prescindere da quello che possiamo pensare sull'epidemia, dovremo tutti, con maggiore attenzione di prima, attenerci alle disposizioni. Ricordo che la principale è la distanza di sicurezza. Se rispettiamo questo accorgimento il più possibile, la maggior parte del lavoro è fatto. Non è facile certo. Soprattutto con le persone a noi più famigliari. La fase due deve essere caratterizzata dall’attenzione ai nostri comportamenti, non dalla leggerezza dettata dall’impressione che il peggio sia passato, ma neanche dalla fobia di incontrare le altre persone per paura di essere contagiati. Agiamo sempre come se fossimo noi ad essere infettati dal virus, cosa che, se non per chi ne è già guarito, non possiamo escludere».