«Da qui non me vado: in questa casa io e mio marito viviamo dall'81 e qui sono sempre vissuti anche i miei genitori. Qui c'è tutta la mia vita, tutti i miei ricordi». Laura, nome di fantasia, è una bella signora poco più che settantenne. Una che per dieci anni ha curato la mamma malata di Alzheimer ed oggi rivolge le sue attenzioni di volontaria in una casa di riposo di Pinerolo. Lei, da quel grande alloggio di Via Nazionale, non lontano dalle scuole di Abbadia Alpina, non vuole andarsene, nonostante uno sfratto ormai esecutivo. Proprio questa mattina è arrivato l'ufficiale giudiziario.
Laura ieri aveva preparato tutte le sue cose. Disposto su letto la biancheria che vuole indossare nella bara. C'è tutto, come in una camera ardente che si rispetti: una bella camicia bianca, un paio di pantaloni eleganti, la biancheria intima immacolata. Tutto pronto. Ben riposto nei sacchettini giusti. Ha perfino già contattato l'Agenzia delle pompe funebri. Perchè Laura da lì vuole andarsene solo da morta. E il marito lo sa bene, perchè quella che ha sposato tanti anni fa è una donna determinata. Una che fa sul serio. «Volevo frequentare l'Accademia militare: volevo andare a West Point», confida Laura ai Carabinieri che questa mattina hanno cercato di convincerla che sono ancora in tanti ad aver bisogno di lei, che la vita val la pena di viverla anche se seduto in cucina c'è un ufficiale giudiziario pronto a firmare lo sgombero di quella casa grande, in cui ogni ricordo sta, ordinato, al suo posto. Giovani militari che per lei e il marito hanno saputo tirare fuori dolcezza e umanità. Encomiabili.
«Fin da piccola ho sempre avuto un'ammirazione incondizionata per Carabinieri e Vigili del fuoco: avevo ragione, vedevo lungo», sorride Laura. Ma la tristezza, mista a depressione, pesa sulle sue spalle. Spalle forti, «ma quando è troppo, è troppo». Quella di Laura e Michele è una storia che inizia nell'81, quando comprarono quell'alloggio per circa 200 milioni. L'atto però non fu mai chiuso, perchè mancava ancora una quota da saldare e in quel momento Michele, travolto dal doloroso fallimento della sua ditta, l'intera somma non ce l'aveva. Nel luglio 2007 è arrivata una scrittura privata in cui Michele rinunciava all'acquisto dell'immobile e il proprietario si rendeva disponibile a restituire la cifra già versata (quantificata in 225mila euro). Oggi la situazione, di per sè assai confusa e complicata pure dal succedersi di più legali, ha del paradossale: nonostante quel documento scritto, nulla risulta essere stato restituito a Laura e Michele che oggi, anzi, sono alle prese con uno sfratto in corso. Stamattina, per scongiurare il peggio, oltre agli avvocati di entrambe le parti, sono arrivati i sanitari del 118 e l'assistente sociale del Ciss. C'era anche il figlio del proprietario, che si limita dire: «Mio padre qui continua a pagare Imu, spese di riscaldamento e di condominio. Sono in due, cosa ne fanno di un alloggio da 200 mq? Possono trovarsi un monolocale». Laura e Michele ora sono stati accompagnati all'ospedale Agnelli per accertamenti. L'ufficiale giudiziario ha contattato telefonicamente un loro parente che si è detto disposto ad aiutarli a trovare un alloggio. Lunedì se ne riparla. Per ora la tragedia, annunciata, è stata evitata. In foto, la Chiesa parrocchiale di S. Verano ad Abbadia Alpina.