Informazione senza forzature punitive
Il ministro Alfano e il suo disegno di legge sulle intercettazioni sono stati "rimandati" a settembre dall'accoppiata Bossi-Fini, che intende "migliorare" il testo per evitare l'ostruzionismo parlamentare, le dure proteste di giornalisti e magistrati e, soprattutto, il possibile no del Capo dello Stato.Ben venga il generale Agosto, se porterà modifiche sostanziali ad una proposta legislativa che privilegia in modo sproporzionato il diritto alla privacy rispetto ad altri due diritti, anch'essi fondamentali: la libertà di stampa e l'autonomia della Magistratura. Per la verità il Governo Prodi aveva già avviato l'iter per nuove norme sulla privacy, di fronte a gravi violazioni; ma il nuovo ministro della Giustizia ha introdotto tre elementi inquietanti.
Anzitutto viene colpita l'autonomia dei direttori e delle redazioni, assegnando agli editori il potere di evitare pesanti sanzioni pecuniarie. In questo modo le proprietà (nei grandi media sono soprattutto banchieri e industriali) diverrebbero le vere depositarie del potere redazionale.
La seconda questione riguarda il divieto assoluto di pubblicare i testi delle intercettazioni; ma negli Stati Uniti, considerati il modello delle società "liberali", la situazione è diversa. Recentemente l'Fbi ha dato alla stampa le intercettazioni sul governatore dell'Illinois, arrestato per aver "venduto" il seggio senatoriale di Obama. La motivazione è che gli elettori debbono conoscere i fatti quando riguardano i pubblici poteri. Il voto non può essere "all'oscuro".
Infine c'è un nodo sulle intercettazioni decise dalla Magistratura: sia il procuratore antimafia Grasso sia il presidente della Commissione giustizia della Camera, Bongiorno ("finiana", già difensore di Andreotti), hanno chiesto tempi più certi per le indagini delicate, senza limiti incomprensibili.
Nel mondo dell'informazione c'è un'altra questione delicata, segnalata la scorsa settimana dal direttore de "L'Eco": l'improvviso raddoppio delle spese postali per i giornali, una misura che rischia di mettere in ginocchio centinaia di piccole e medie testate, strumenti essenziali del pluralismo democratico.
Il ministro Tremonti, che vuole cambiare la Carta per favorire le imprese, ripensi il suo provvedimento ed eviti di colpire a morte voci essenziali del panorama informativo.
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Paola Molino