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Croci di vetta: fake, polemiche (strumentali) e serie riflessioni

Croci di vetta: fake, polemiche (strumentali) e serie riflessioni
Giovedì 6 Luglio 2023 - 16:22

«Come si fa, partendo dal niente, a creare un caso nazionale?» Marco Albino Ferrari, da pochi mesi direttore editoriale del Club alpino italiano, si è fatto la domanda e si è dato pure una risposta: «Dalle fake news alla “macchina del fango”». Poi è passato ai fatti e si è dimesso dall'incarico. Il "niente" cui l'ormai ex direttore fa riferimento, è quello delle croci di vetta. «Mai detto di volerle togliere, neppure mai pensato». Una polemica costruita sul nulla, lanciata come una bomba dai media e ripresa da Santanchè e Salvini che, com'è nel suo stile, ha tuonato: «Dovrete passare sul mio corpo per togliere un solo crocifisso da una vetta alpina».

 

Cattolica di Milano, qui il convegno in cui tutto è nato

Era il 22 giugno. Il luogo, la Cattolica di Milano. Il contesto, un convegno su "Croci di vetta in Appennino" della storica dell'arte Ines Millesimi. Al tavolo, figure di alto profilo come mons. Melchor Sanchez De Toca Alameda, nominato da Papa Francesco relatore del Dicastero delle cause dei santi e chiamato a intervenire sul tema del "segno della croce sulle montagne", un giurista (Marco Valentini, docente di diritto penale alla Cattolica) e, appunto, Marco Albino Ferrari.

Proprio Mons. Sanchez, citando il Papa, dice che non si deve banalizzare il simbolo della croce facendone uso improprio: dunque, meglio non erigere ciclopiche croci sulle montagne. Tutti concordano e riflettono, anche su come declinare la delicata questione in prospettiva futura. Ma in amen scoppia la bomba: il Cai vuole togliere le croci dalle vette. Una fake in piena regola: nessuno l'ha detto, neppure sottovoce. La macchina del fango era partita, pronta a (s)travolgere la realtà e mettere in croce la verità.

 

Il vescovo, il pastore, il dirigente Cai

Noi abbiamo provato a uscire dalla polemica e apssare alle riflessioni su un tema di sicuro interesse collettivo. Abbiamo scelto di ascoltare personaggi autorevoli, nonchè appassionati alpinisti, come iil vescovo di Pinerolo, Mons. Derio Olivero, il pastore valdese di Bobbio Pellice Davide Rostan e il vicepresidente nazionale Cai (membro del Cai Uget Valpellice) Giacomo Benedetti.

Mons. Derio Olivero: «Le croci raccontano una storia e quindi quelle che ci sono sono da conservare, ma per il futuro ci dobbiamo interrogare. La croce non riassume più la maggioranza della gente. A fare la polemica, spesso sono proprio quelli che non hanno una croce neppure in casa propria: una contraddizione». E ancora: «Il discorso delle croci ha senso solo se recuperiamo la portata simbolica della montagna: dobbiamo mantenerle dentro una dimensione simbolica, sennò sarebbero inopportune».

Il pastore Rostan ha centrato il discorso sulla laicità dello stato: «Noi credenti dovrenmmo essere i primi a difenderla». Poi, a coniugare laicità e tutela ambientale, lancia una proposta: «Perché non utilizzare i vecchi ometti di pietra?» Ecologici, rimovibili, realizzati a Km 0 con il contributo di tutti coloro che vanno in montagna, aconfessionali, apartitici. «Sui sentieri di mezzo mondo vengono usati per indicare la via giusta».

Giacomo Benedetti: Sulla questione il Cai non è mai entrato né vuole entrare: troppo personale». Sulla questione delle croci in montagna, dice, «ho una mia visione personale, ma in questo momento non la esterno. Il mio ruolo non me lo consente, perché verrebbe letta come la visione del sodalizio».

In foto, la vetta del Pelvo di Massello: qui nessuna croce, "solo" un ometto in pietra.

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Lucia Sorbino
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