Agricoltori, una categoria in crisi

Nel Pinerolese dibattito su prezzi e regole dopo i fatti di cronaca
Ogm, quote latte, Europa e grande distribuzione gli storici

Il mondo agricolo sta vivendo un momento di spaesamento. Torna di attualità l'annosa questione del rispetto delle "quote latte" imposto dall'Unione europea (è di questi giorni la notizia che la cooperativa "Piemonte Latte" di Savigliano, che raggruppa 300 mungitori, tra cui anche 18 aziende pinerolesi, è stata accusata dalla Procura di Saluzzo di truffa). Altro argomento spinoso è quello del via libera dato dall'Europa alla superpatata, che segna un'ulteriore accelerata verso un'agricoltura produttivista che non ci permetterà di tornare indietro.

Ma sappiamo che non si tratta solo di Ogm: la nostra è un'agricoltura che si sostiene grazie ai concimi, ai pesticidi, alle irrigazioni copiose. In Italia il 40 per cento dei cereali prodotti al Sud serve per alimentare gli animali da carne allevati al Nord. È stato calcolato che per produrre un chilo di carne servono oggi sei litri di petrolio.

L’agricoltura contribuisce al 15 per cento al Pil relativo all’agroalimentare e dà lavoro al 4 per cento della popolazione occupata. Ma oltre la metà ha più di 65 anni. «Abbiamo distrutto i contadini» continua a ripetere Carlin Petrini del Movimento Slow food. Oggi sono il 3 per cento in meno della popolazione attiva. Sono gli ultimi resistenti.

Anche nella campagna pinerolese - accanto ad un piccolo nucleo di visionari che hanno investito nell'agricoltura sostenibile - molte cascine hanno chiuso.

I contadini di Baudenasca che protestano contro le quote latte, quelli che rovesciano provocatoriamente i serbatoi nei campi a Buriasco, quelli impiccati dal prezzo del mais e del grano decisi in borsa, quelli che vedono l'Europa solo come un ente che rema contro.

Al contadino di oggi manca un referente: non può esserlo l'industria che lo sfrutta e lo abbandona lasciandolo al suo destino, pronta a rivolgersi altrove; non può esserlo la grande distribuzione. Questo è l'unico caso in cui il prezzo lo fa il cliente (un colosso, una multinazionale) e non il produttore. Come potrà essere un prezzo equo?

La civiltà contadina dei nostri padri - che non è mai stata solo economia e finanza, ma identità, memoria, cultura, mentalità - si è consegnata, quasi senza combattere, all'industria aggressiva dominata dal consumo (che è velocità, quantità e spreco), abbagliata dalla chimera del facile guadagno.

Oggi che lo ha capito cerca di correre ai ripari: filiera corta, farmer market, tracciabilità completa saranno in grado di fronteggiare l'agro-business della Commissione europea?

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Paola Molino